Abbraccia il tuo bambino interiore

Sono più di vent’anni che mi occupo di relazioni. In questi anni ho sperimentato che dietro un genitore che tiene molto a dare dei limiti, c’è stato un tempo un bambino che si è sentito impotente, dietro un genitore che oggi fa fatica a stabilire dei confini c’è stato un tempo un bambino che si è sentito incompreso.

Tutto è cominciato molto tempo fa, quando qualcuno ci ha detto qualcosa tipo: “Non sei all’altezza” “Sei cattivo” “Dovresti vergognarti” “O le cose le fai bene oppure lascia perdere” “Non sei capace” ecc..

Spesso ci portiamo dentro alcuni pensieri tossici come tutti i nostri dovrei: “Dovrei essere più capace, più bella, più efficiente….” “Dovrei essere più buona, più gentile, più comprensiva oppure più esigente, più ferma, più decisa…” e chissà quanti altri dovrei, ci cuciamo addosso.

Un altro genere di pensieri tossici sono le nostre pretese: “Mio figlio dovrebbe fare o dire…” “Mio marito non mi rende felice” “Perché non fa quello che gli sto chiedendo?”. Queste sono false domande perché nessuno è venuto al mondo per soddisfare le nostre richieste o per essere come vorremmo noi e neanche è nato per renderci felici.

Pensiamo davvero che la felicità venga da fuori di noi? Che siano gli altri a darcela? Oppure invece è qualcosa che abbiamo dentro e a volte siamo felici per piccole cose e tristi pur avendo molte cose?

Se lasciamo che siano gli altri o ciò che ci accade a gestire le nostre emozioni ci sentiremmo sulle montagne russe. Educare con empatia vuol dire essere consapevoli e in equilibrio con noi stessi vuol dire riappropriarsi del potere che è in noi e che abbiamo su di noi e sulle nostre emozioni. Vuol dire  focalizzarci su tutto ciò che abbiamo, invece su ciò che ci manca, scoprire che gli errori sono preziosi per fare le cose meglio e che anche la la malattia e la morte possono insegnarci molto sulla compassione e sulla vita.

Se davvero vogliamo per noi stessi quella felicità che desideriamo per i nostri figli è tempo che siamo pronti a fare qualcosa di diverso e che non abbiamo mai fatto. Osserviamo i nostri pensieri come uno spettatore a teatro che guarda  le varie parti di noi stessi in scena sul palcoscenico della nostra mente e da questa distanza prendiamoci la responsabilità dei nostri sentimenti e dei nostri bisogni. In questo modo possiamo scegliere di agire consapevolmente, scegliendo i pensieri che ci fanno bene, invece che farci dirigere dalla nostra mente inconsapevole.

Non permettiamo a quelle voci che abbiamo nella nostra testa di punire e di maltrattare noi stessi e le persone intorno a noi. I nostri pensieri tossici sono tutte parti del nostro bambino interiore che ora sbatte i pugni nella nostra testa, come quando eravamo bambini e dice: “Voglio, voglio, voglio”.

Dov’è il nostro bambino interiore? Come si sente? Ha paura di non essere come pensa lo vogliano gli altri? Si sente preoccupato di non essere all’altezza?

Abbracciamo quella bimba o bimbo che siamo stati e che vuole un sacco di cose e parliamole amorevolmente. Prendiamocene cura, offriamole uno spazio di ascolto, sentiamo se ha bisogno di qualche coccola e facciamola ora a noi stessi. Abbiamo spesso grandi responsabilità nei confronti dei nostri figli e di tante cose, senza renderci conto che la più grande responsabilità l’abbiamo verso noi stessi. Per amare davvero la nostra famiglia è inevitabile imparare ad ascoltare il nostro bambina/o interiore perché solo così possiamo essere autentici e consapevoli dei nostri bisogni e dei nostri sentimenti senza proiettarli sui nostri figli. L’empatia parte dalla compassione che abbiamo per noi stessi.

Giuditta Mastrototaro

Questo articolo è uscito su Il bambino naturale – Leone Verde-