Arrabbiarsi non serve a nulla

Prima di ragionare sul concetto che arrabbiarsi non serva a nulla, proviamo a capire perché pensiamo che serva a qualche cosa:

Mito 1. Pensiamo che è l’altro che ci fa arrabbiare?

Mito 2. Pensiamo che bisogna esprimere la rabbia così poi ci passa?

Mito 3. Pensiamo che dobbiamo arrabbiarci per farci rispettare?

Questi miti sulla rabbia servono a dare una giustificazione al fatto che “perdiamo le staffe” che non abbiamo il controllo su noi stessi. In realtà, ci arrabbiamo perché vogliamo che le cose vadano come vogliamo noi e che le persone intorno a noi si comportino in un certo modo, ossia il nostro.

La rabbia ci dice che ci siamo messi in mente di controllare gli altri o le situazioni.

Non ci siamo accorti che non è  l’altro che ci fa arrabbiare ma la nostra rabbia è influenzata da come ci sentiamo in quel momento. Infatti, se ci riflettiamo con calma, ci accorgiamo che se siamo  tranquilli, ciò che dicono o fanno gli altri non ci fa scattare e invece reagiamo più facilmente se siamo insicuri, preoccupati o agitati.

Inoltre, è importante notare che più ci arrabbiamo e più spesso abbiamo esplosioni di ira. E’ come se la rabbia si autoalimentasse, fino a diventare un’abitudine, una reazione normale, un atteggiamento mentale, un modo di affrontare la vita. E’ davvero quello che vogliamo?

Se pensiamo alle nostre esperienze, possiamo notare che persone che inveiscono continuamente perdono la nostra stima. Per quanto tempo riusciamo a rispettare le persone che si arrabbiano? Forse le prime volte perché fanno sorgere in noi del timore, ma poi nel tempo quale stima abbiamo di persone pronte a inveire per ogni cosa?

Se invece ci accorgiamo di essere noi le persone che si arrabbiano facilmente e invece vorremo cambiare e cercare di stare meglio con noi stessi e con gli altri. Ecco alcuni suggerimenti:

  1. Alimentare il sentimento di accettazione. Accettare che il passato è passato. Accettare che l’altro è differente da me, ha altre prospettive, valori, bisogni. Accettare non vuol dire essere d’accordo, ma riuscire a tollerare un pensiero diverso dal nostro. Aumentare la nostra prospettiva per includere anche il pensiero di un altro, un altro modo di percepire la realtà e comprendere che il nostro modo di vedere le cose non è l’unico valido.
  2. Nutrire pensieri e sentimenti di empatia. Non c’è niente di sbagliato in noi stessi e negli altri, stiamo tutti cercando di fare il meglio che sappiamo fare in questo momento. A volte interpretiamo erroneamente che l’altro stia facendo qualcosa per sfidarci. Quante volte lo diciamo nei confronti dei bambini. In realtà nessuno fa qualcosa per farci un dispetto, sta cercando solo di esprimere se stesso, anche se non sempre con strategie condivisibili. Faccio un esempio: se due bambini si stanno contendendo un gioco, uno cerca di strapparlo all’altro. Ecco in questo caso sono validi i bisogni di entrambi  che desiderano giocare, è la strategia che è migliorabile. E’ possibile non strapparlo di mano dal compagno ma chiederglielo? Possiamo prevenire tali incidenti fornendo più giochi dello stesso tipo? ecc.. Se si lavora sulle strategie possono esserci tanti scenari possibili. Se invece ci si irrigidisce su chi ha  ragione e su chi ha torto, ci sarà sempre un perdente, qualcuno che si sentirà non ascoltato, che proverà frustrazione e impotenza. Sospendiamo il giudizio, ognuno ha le sue buone ragioni, magari che non comprendiamo, ma ci sono. Provare empatia per l’altro allora vuol dire, uscire dal solo ragionamento razionale, ma cogliere con intuizione le emozioni e i bisogni più profondi dell’altro, che lo spingono a fare o non fare qualche cosa.
  3. Se desideriamo che i nostri figli imparino a fare qualcosa o comportarsi in un certo modo, facciamolo per prima noi con amore senza pretese. Nessuno ci deve nulla. Ogni nostra azione è l’espressione di noi stessi e ogni azione che intraprendiamo, facciamola con lo spirito di essere un donatore e non un esattore.
  4. Non possiamo far agire gli altri come vogliamo noi. Più cerchiamo di controllare gli altri e più le persone si allontanano da noi. I nostri figli non sono “nostri”, diceva il poeta Khalil Gibran, per questa ragione non possiamo perdere nulla, perché nulla è nostro. Ogni persona è venuta al mondo per esprimere il suo potenziale e non il nostro. La vita è un continuo processo di apprendimento, tutto cambia, muta e siamo ospiti in questa vita. Occorre tanto rispetto per ciò che abbiamo ricevuto e tanto coraggio per lasciare andare ciò che si è concluso.
  5. Per gestire la rabbia cerchiamo di separare la persona dall’atto che ha compiuto. Se qualcuno ci infastidisce possiamo scegliere di  allontanaci, se non è possibile, non alimentiamo i conflitti, spegniamo i pensieri giudicanti e se proprio non troviamo parole accoglienti rimaniamo in silenzio. Diamoci il tempo di pensare, la possibilità di essere incerti, di riflettere su quale risposta dare, questo può essere più efficace che reagire immediatamente, con il tempo  proveremo empatia anche per la nostra rabbia, perchè possa sciogliersi in lacrime che nutrano la terra della compassione e dell’empatia.                                                           Giuditta Mastrotataro

 

Bibliografia per approfondire:

Bowlby John, Costruzione e rottura dei legami affettivi. Cortina

Gordon Thomas. Relazioni efficaci. Come costruirle, come non pregiudicarle. La meridiana

Gordon Thomas. Né con le buone né con le cattive. La meridiana

Goleman Daniel. Intelligenza emotiva. Che cos’è e perché può renderci felici. BUR

Giuditta Mastrototaro. Nascere e crescere alla luce dell’educazione empatica. StreetLib

Ludovica Scarpa. Registi di se stessi. Ponte alle Grazie

Rosenberg, Marshall B. : Le parole sono finestre (oppure muri). Introduzione alla comunicazione nonviolenta; Edizioni Esserci

Rosenberg, Marshall B. : Preferisci avere ragione o essere felice?; Edizioni Esserci

Rosenberg, Marshall B. : Le sorprendenti funzioni della rabbia. Come gestirla e scoprirne il dono; Edizioni Esserci

Rosenberg, Marshall B.: Parlare pace; Edizioni Esserci

Ury William. Il no positivo. Tea