Ascolta senza giudicare, ama senza possedere, accompagna senza dirigere

Quando ascolti davvero l’altra persona, ti poni senza giudizio senza aspettative e sei lì in quel momento totalmente presente.

Quando ami davvero lasci che l’altro sia se stesso senza volerlo cambiare, senza volerlo incanalare in ciò che pensi sia giusto per lei o per lui.

Quando accompagni un’altra persona nella sua crescita, non la segui, non la controlli ma neanche la precedi, fai al posto suo, le stai semplicemente a fianco, cerchi di camminare allo stesso passo, cerchi di comprendere dove vuole andare.

In una società dei consumi come la nostra, è facile scambiare l’ascolto per lo stare a sentire, l’amore per il possesso e l’accompagnare per servire o fare al suo posto.

Siamo venuti al mondo senza nulla di nostro e torneremo da dove siamo venuti senza portarci nulla, questo vale anche per le persone che non sono nostre, non ci appartengono ognuno è di se stesso e di nessun altro. Invece siamo abituati a pensare in termini di: “MIO marito” “MIA moglie” e “MIO figlio” e quanto più sentiamo che qualcosa è nostra tanto più s’innesca in noi la paura di perderla.

Possedere invece di amare diventa alla fine una gabbia sia per chi è posseduto sia per chi desidera possedere l’altro. Chi ama con possesso contribuisce ad alimentare proprio ciò di cui ha paura, ossia che l’altro vada via. Tutto questo crea grande sofferenza. La sofferenza è sempre collegata a una forma di possesso. Infatti, si soffre quanto più ci si illude di essere legati alla propria immagine, al proprio status sociale,  professionale, alle persone o agli oggetti e si ha paura di perderli. Quando in realtà nulla ci appartiene, tutto passerà, si trasformerà, cambierà.

Essere persone con forti legami di attaccamento vuol dire allora non avere fiducia in noi stessi,  avere una bassa autostima perché abbiamo bisogno di qualcosa o di qualcuno che ci faccia sentire il nostro valore. C’è una buona notizia: tutti noi siamo persone di valore e ciò che stiamo cercando fuori è già dentro ognuno di noi. Ecco allora che la prima persona che occorre imparare ad ascoltare, amare e accompagnare siamo noi stessi.

Alimenta il tuo ascolto. Ognuno trova il suo modo di ascoltarsi, non c’è né uno uguale a un altro. Le forme d’arte come la scrittura, la pittura, la musica ecc sono forme di ascolto di sé. Anche camminare nella natura, stare in silenzio, pregare, meditare. L’elemento necessario che accomuna tutte queste forme di ascolto è trovare quello spazio interiore in cui si può sperimentare il silenzio perché è alquanto difficile essere dentro di sé e al contempo connessi con il mondo fuori.

Ama con fiducia. Le persone intorno a noi si accorgono se le amiamo con fiducia o sfiducia. Se tendiamo a controllarli oppure se gli regaliamo la nostra stima, ma non possiamo avere fiducia e stima negli altri se prima non le coltiviamo in noi stessi. La dipendenza emotiva deriva da non prendersi sufficiente cura di noi stessi. Quando abbiamo fiducia nelle nostre capacità e potenzialità non abbiamo più bisogno di possedere l’altro e la possessività sparisce. Questo è il lavoro più impegnativo dell’amore innaffiare ogni giorno la nostra autostima e gratitudine per quello che già abbiamo.

Lascia andare il controllo. Quanto più controlli l’altro, tanto più contribuisci a creare rapporti pieni di non detti, bugie e poca chiarezza. Tentando di controllare l’altro sprechi tanta energia che ti prosciuga, ti fa sentire stanco, minacciato, impaurito, arrabbiato perché inevitabilmente l’altro non vorrà sentirsi limitato nella sua libertà. Anche con i bambini o i ragazzi adolescenti tutte le forme di controllo sono controproducenti. I bambini hanno bisogno di imparare dall’esperienza e se li iperproteggiamo come potranno farne? Con i ragazzi c’è un momento nella loro crescita in cui occorre riconoscere che tutto quello che potevamo fare per loro, lo abbiamo già fatto, restituire allora la responsabilità  a loro stessi diventa una forma di rispetto.

Accompagna con equilibrio. Accompagnare vuol dire non camminare davanti a lui o lei ma neanche camminare dietro. Trova il giusto equilibrio per essere un compagno o una compagna di vita che si prende cura di sè e lascia spazio all’altro di fare lo stesso e nel contempo è attento alla relazione. Accompagnare vuol dire allora camminare insieme e condividere dello spazio e del tempo insieme.

Coltiva l’empatia. Lasciamo andare i giudizi che abbiamo su noi stessi o sull’altro, non imponiamo le nostre idee agli altri, non pretendiamo che l’altro faccia come vogliamo noi. Nessuno è nato per rispondere alle nostre aspettative. Il regalo più grande che possiamo fare all’altro è restituire fiducia al suo sentire, all’essere in armonia con se stesso. Invece di chiedere amore e rispetto proviamo a darlo noi per primi, innestando un circolo virtuoso pieno di empatia.

Giuditta Mastrototaro