Comprendere i comportamenti dei bambini

Il papà di Piero è via per lavoro alcune settimane al mese e Piero ha cinque anni. La mamma spiega a Piero dove si trova il papà, cosa sta facendo, che lavoro fa, quando parte e quando torna ecc. Nonostante questo Piero ogni mattina continua a chiedere: “Dov’è il papà?”.

Guardano al mondo con magia. Per i bambini non ci sono sempre spiegazioni logiche e coerenti. Le ragioni di ciò che accade possono essere magiche come attribuire un’anima o una volontà a un oggetto, oppure possono attribuirsi la colpa per ciò che fanno gli altri. Non è inusuale che i bambini si sentano in colpa per la mancanza di un genitore,  pensando che se ne sia andato perché sono cattivi. Almeno fino agli otto/nove anni è inutile dare grandi spiegazioni,  non serve a nulla e questo lo si capisce nel momento in cui ci dicono di sì e l’indomani si presenta lo stesso problema o la stessa domanda. E’ utile ascoltarlo per capire come vede il bambino quella situazione. Più che cercare di dare risposte cerchiamo di comprendere cosa prova e che cosa s’immaggina.

Giovanni ha due anni vuole un giocattolo e cerca di strapparlo dalle mani del suo compagno che cade e piange. La maestra interviene dicendogli che non è giusto fare così.

Vivono nel quì e ora. Quanto più sono piccoli, tanto più sono ancorati al presente (pensiero operatorio concreto) con pochissime capacità di astrazione. Per questo motivo non prevedono i comportamenti degli atri di fronte alle loro azioni, né tanto meno sono in grado di mettere in atto anticipazioni e programmazioni del proprio comportamento di fronte ad uno stimolo. Imparano operando o agendo su tutto ciò che hanno intorno a loro.  Quando Giovanni strappa il giocattolo dalle mani del compagno, non è in grado di prevedere come reagirà l’altro bambino. Chiaramente con la crescita e attraverso l’esperienza, queste competenze si accrescono e diventano più consapevoli. Solo intorno ai nove/dieci anni il bambino inizierà cogliere un pensiero morale di giusto e ingiusto per se e per l’altro. Evitiamo quindi di colpevolizzare i bambini, ma piuttosto preveniamo comportamenti che potrebbero creare dei conflitti tra loro, agendo sull’ambiente. Ad esempio per i più piccoli sarà utile avere a disposizione un sufficiente numero di giocattoli simili per aiutarli a non litigare fra loro per avere lo stesso oggetto. Quando saranno un pò più grandi sarà possibile invece condividere delle regole chiare e comprensibili in base all’età dei bambini.

Lorenzo ha quattro anni quando è a tavola, si alza appena ha finito di mangiare circa dopo dieci minuti e la nonna dice: “Bisogna insegnare la buona educazione fin da piccoli, a stare a tavola composti e aspettare che tutti abbiano finito!”.

Giulia ha tre anni e quando va al supermercato con la mamma inizia a correre per le corsie, tocca, apre e fa rotolare tutti i barattoli che trova.

Imparano se agiscono.  Agire è un comportamento spontaneo e naturale. Il bambino non impara da quello che spieghiamo ma da quello che sperimenta. I cinque sensi sono gli strumenti che i bambini usano per comprendere il mondo che li circonda (pensiero senso motorio). Un piccolo per tutta la prima e la seconda infanzia ha una capacità di attenzione di 10/15 minuti e per questa ragione che  non riesce a stare seduto e composto a tavola per più tempo. Inoltre è normale che ci siano incidenti con bicchieri rovesciati, acqua per terra o cibo preso con le mani e spalmato da qualche parte, non lo fa per maleducazione, ma sta imparando dall’esperienza. Anche la mamma di Giulia fa molta fatica al supermercato  a impedire di far toccare, aprire e giocare con la merce a disposizione, pur chiedendo alla bambina più volte, di stare ferma e di non toccare. Questo accade semplicemente perché quella non è la cornice adatta per un bambino e in quelle occasioni gli adulti rischiano di fare richieste inadeguate rispetto alle capacità di comprensione del bambino.

Come comportarsi quindi?

Prevenire situazioni complesse da gestire. Bambini che non riescono a stare fermi, che interagiscono molto sul piano fisico, cerchiamo di non esporli in ambienti o situazioni non adatti a loro, perché potremmo cadere in reazione poco educative piene di pretese o magari di rabbia, esasperati noi stessi da queste situazioni in cui ci siamo ritrovati.

Riconoscere le nostre aspettative di adulti. La lentezza con cui i bambini fanno le cose: allacciarsi le scarpe, infilarsi la giacca ecc.. non sono un qualcosa da velocizzare per rispettare i nostri tempi o sostituirsi a loro, ma sono molto importanti per far crescere le loro competenze. Anche quando saranno più grandi come i preadolescenti che sembrano nel loro mondo, che appaiono distratti e non curanti dell’ambiente intorno a loro, invece di urlare o usare le punizioni per fare a modo nostro, facciamogli vedere come si fanno le cose, diamo l’esempio. Ad esempio invece che perderci in lunghe spiegazioni sull’importanza di organizzarsi per andare a scuola, facciamogli vedere concretamente come si fa la cartella.

Lasciamogli il tempo per imparare giocando. Una volta accettato che il bambino impara dall’esperienza occorrerà dargli  il tempo di farlo, lasciandogli la possibilità di sbagliare e apprendere dai propri errori. Concediamogli la possibilità di giocare con cose semplici come il travasare piccoli oggetti. In questo modo imparerà i concetti di contenuto e contenitore e questo può aiutarlo ad impare a gestire ad esempio un bicchiere pieno d’acqua. Il gioco del far finta come quello della casetta nella quale i bambini imitano ciò che vedeno fare dagli adulti, è utile a rielaborare e dare ordine a sequenzialità alle azioni di tutti i giorni. I giochi con regole (giochi sportivi, a carte o a scacchi ecc..) dagli otto anni in sù, dai quali il bambino impara a stare con gli altri attraverso il rispetto dei turni e della reciprocità.

Se ci sono comportamenti dei nostri figli grandi o piccoli che non riusciamo a comprendere e che ci stanno facendo vivere con più fatica la nostra relazione con loro, può essere utile fare un pò di chiarezza (se ti serve aiuto puoi chiedere una Consulenza Pedagogica alla tua pedagogista). Spesso è utile domandarsi: Quali sono i sentimenti di mio figlio? Quali sono i suoi bisogni? Sto facendo richieste adeguate allo sviluppo cognitivo ed emotivo?  C’è un altro modo che posso utilizzare per non reiterare i comportamenti che non mi piacciono?

Non c’è un solo modo per affrontare un problema, se facciamo sempre le stesse cose, riceveremo sempre gli stessi risultati, riuscire a cambiare prospettiva, ci aiuterà ad attivare maggiormente il nostro pensiero creativo e la nostra intelligenza emotiva ed empatica.

Giuditta Mastrototaro