Concentrati!

Quante vote ci siamo ritrovate a dire ai nosti figli o ai nostri alunni questa frase quando desideravamo che svolgessero delle attività con attenzione. Personalmente ho tre figli ognuno con livelli di concentrazione diversissimi c’è chi ha molta pazienza e studia con impegno, ripetendo, trascrivendo, esercitandosi con costanza, chi prima di mettersi al lavoro ha bisogno di “mooolto” tempo e chi studia sbrigandosi però il più presto possibile, per andare a giocare.

Quanti di noi si sono interrogati su come sia possibile che i bambini rimangano concentrati per lunghi periodi per cose che li interessano, ahimè sempre più spesso sono i videogiochi, ma poi non riescono a concentrarsi più di quindici minuti di fronte ad un libro?

Non è che tutti questi bambini possono essere diagnosticati come ADHD (disturbo da deficit dell’attenzione) e anche se lo fossero questo non è un buon motivo per non lavorare con loro, con un approccio educativo che tenga in massima considerazione l’unicità di quel  bambino e il suo personale sviluppo evolutivo. Invece sempre più spesso si vuole fare a meno della pedagogia a vantaggio di un approccio medicalizzante e stigmatizzante, fatto di presunte diagnosi che pesano sull’autostima dei bambini, perché in realtà i bambini hanno ancora tutta la vita per crescere e svilupparsi.  E se invece si scoprisse che non c’è alcun disturbo del deficit dell’attenzione, semplicemente i bambini mostrano dei problemi a porre attenzione a cosa vogliamo noi e nel modo in cui vogliamo che imparino?

Un bambino al quale viene diagnosticata ADHD (disturbo dell’attenzione) molto spesso ha uno dei due genitori che ha sperimentato in prima persona questo problema a scuola. Un genitore potrebbe aver fatto fatica a non viaggiare con i propri pensieri, quando si trovava ad ascoltare le lezioni oppure poteva essere stato etichettato come un bambino che: “Non sta fermo un minuto!” eppure riusciva a rimanere concentrato in un’attività che davvero lo interessava. Siamo sicuri che il problema sia il bambino? Oppure il problema è prestare attenzione a come viene presentato quel contenuto?

Quando come genitori o insegnanti vediamo il bambino che non svolge il compito assegnato spesso ci ritroviamo a sgridarli: “Concentrati su quello che stai facendo! Non distrarti! Non vedi che stai perdendo tempo?” “Ora smetti di agitarti e ti concentri”. Così spesso focalizziamo l’attenzione su cosa non devono fare, ma come fare a concentrarsi pensiamo che debbano saperlo da sé.

Ora che stai leggendo questo mio articolo, tu come ti concentri? Ci hai mai pensato? O forse non sei concentrato nella lettura perché stai nel contempo pensando a cosa farai più tardi? Come riporti l’attenzione su quello che stai leggendo?

I bambini naturalmente hanno livelli di attenzione diversi in base all’età e alla loro personalità e interesse. La capacità di attenzione di un bambino piccolo 0/5 anni può passare da qualche minuto a 10 minuti. Un bambino più grande 6/10 anni riesce a rimanere concentrato per circa venti minuti. Per questa ragione è importante variare le attività proposte, piuttosto che insistere affinché il bambino rimanga concentrato sullo stesso compito.

Per alcuni bambini è facile e naturale concentrarsi per altri non è così. Nel mio lavoro di Pedagogista spesso osservo i bambini o ragazzini con difficoltà scolastiche e il tema della concentrazione è uno degli elementi fondamentali per aiutarli ad apprendere in maniera efficace e consapevole. Una buona introspezione pedagogia può aiutarli a capire come loro acquisiscono le informazioni e come le evocano quando ne hanno bisogno per svolgere i compiti. Non possiamo prescindere da questi due elementi fondamentali, se desideriamo davvero che sperimentino il successo apprenditivo. I bambini che non acquisiscono questi strumenti di conoscenza di sé, rischiano di demotivarsi e poi di avere una diagnosi come dislessici, disgrafici, discalculici, disortografici o con deficit dell’attenzione.

Ripetere i concetti sempre nello stesso modo o mandare i nostri figli a ripetizione non serve a nulla, ciò di cui ognuno di noi ha bisogno fin da bambini, è comprendere come impariamo a imparare, soprattutto se non ci viene in modo automatico e naturale. Questa consapevolezza può fare la differenza e non solo nello studio ma nella vita.

Ecco alcuni suggerimenti per favorire la concentrazione:

  1. Essere consapevole di cosa vuol dire concentrarsi. I bambini apprendono meglio se sperimentano la concentrazione piuttosto che se gliela spieghiamo a parole. Quando vedi tuo figlio concentrato in un gioco, appena riemerge da questo coinvolgimento, puoi dire a tuo figlio: “Vedo che ti sei concentrato e una bella sensazione sentirsi assorto in quello che stai facendo, cosa ne pensi?”
  2. Crea una modalità comunicativa di ascolto. Quando parliamo ai nostri figli, spesso siamo di fretta, gli diciamo ad esempio: “Mettiti le scarpe.” mentre stiamo facendo qualcos’altro, spesso il bambino dice di sì con le parole, ma non sta ascoltando, continua a fare quello che stava facendo. Quando è ora di uscire vediamo che non si è messo le scarpe, ecco che arriva un senso d’irritazione e magari alziamo la voce: “Ti ho detto di metterti le scarpe!”. Se invece desideriamo essere certi che ci sia un clima di ascolto, a volte è meglio fermarsi, chiamarlo per nome e parlargli mettendosi alla sua altezza: “Luca ascolta ho bisogno del tuo aiuto, per non arrivare al lavoro in ritardo, altrimenti mi sgridano, puoi per favore metterti le scarpe mentre la mamma mette le sue?” Se sentiamo che ancora non ci sta ascoltando possiamo chiedere: “Puoi per favore ripetermi cosa mi hai sentito dire e dirmi se sei d’accordo, vorrei esserne sicura.”
  3. Fai attenzione all’ambiente. Se il luogo dove leggere e studiare è caotico non è facile concentrarsi. E’ meglio avere un tavolo sgombro da oggetti. Meglio che il luogo sia tranquillo e silenzioso e che ci sia la presenza di un adulto. Più sono piccoli e più la presenza prossimale sarà importante, più crescono e più saranno autonomi. Se vi chiama troppo spesso mentre svolge un compito, oppure aspetta la sera per fare i compiti, questi sono segnali che ha bisogno di non sentirsi sola/o mentre studia.
  4. Lascia che prenda delle pause. Dopo 20/30 minuti è normale e naturale il desiderio di muoversi, cambiare argomento, distrarsi.
  5. Lascia che si muova. Per imparare una lezione alcuni camminano, altri scrivono, altri si dondolano, gesticolano, ripetono ad alta voce. Ognuno trova il suo modo. Il corpo che si muove, per alcuni aiuta la mente a calmarsi e a concentrarsi.

Infine la cosa più importante da non dimenticare è che concentrarsi, è un atto volontario, creativo e generativo, sono tutti moti dell’anima prima che movimenti del corpo. La cosa più importante che possiamo trasmettere ai nostri figli è il piacere della concentrazione. Così che imparare diventi curiosità, interesse e scoperta, tutti sentimenti positivi e gratificanti, che porterà con sé per tutta la vita. Infatti, come diceva R. Steiner “L’uomo perde per la strada ciò che gli entra solo nella testa, ma quello che accoglie nel cuore lo conserva”.

Giuditta Mastrototaro

Questo articolo è uscito sul blog di Laif (L’Associazione Istruzione familiare): https://www.laifitalia.it/2019/07/05/concentrati/