Cresce il bambino e cresce anche la relazione di allattamento con lui.

 

 

Si sente parlare spesso tra mamme di quanto ci si senta “strane” “diverse” ad allattare un bambino oltre i primi mesi. Molti sono i luoghi comuni a questo riguardo. Come pedagogista vorrei provare a rispondere ai dubbi delle mamme. Per chi desidera approfondire può leggersi anche gli studi scientifici che metto in nota.

L’allattamento è un elemento prezioso nella relazione. Le mamme che allattano felicemente oltre i primi mesi descrivono la loro relazione come un abbraccio pieno di complicità, di fiducia e di sicurezza affettiva. Un bambino grandicello che poppa è un bambino che trova nel seno non solo il nutrimento ma anche protezione e rassicurazione: per ogni volta che si sente disorientato, si è fatto male o desidera ripristinare un contatto con la mamma dopo una separazione.

Ecco i dubbi che spesso sento rivolgermi dalle madri.

Allattare il bambino oltre l’anno fa bene alla sua salute?

Dal punto di vista fisiologico. La natura ha previsto che ogni cucciolo sia allattato dalla propria mamma, è molto inusuale trovare nella natura un cucciolo allattato da una madre di un’altra specie, questo perché come confermano le ricerche il latte è di specie e specifico.

Di specie nel senso che ogni specie produce un latte che è fatto apposta per le esigenze della sua specie. Ad esempio per i vitelli ci vuole un latte ricco di grassi per farli crescere abbondantemente in massa muscolare e grassa. Per l’uomo ci sarà un latte ricco di zuccheri perché il cervello è la parte che ha bisogno di svilupparsi in maggior misura.

Il latte è anche specifico, nel senso che varia in base alle esigenze di quel bambino e dei suoi bisogni di crescita e del suo sistema immunitario. Ad esempio un bambino che viene in contatto con alcuni batteri o virus tipici del suo ambiente, grazie agli anticorpi del sistema immunitario più maturo della madre sarà disponibile per lui una protezione in più, proprio tramite l’allattamento[1]. Questo sistema ideato dalla natura per proteggerci sarà di supporto a maggior ragione quando il bambino inizia a camminare e a scoprire il mondo attraverso il contatto orale, ossia quando “mette tutto in bocca”.

Il latte materno aiuta il bambino a proteggersi da intolleranze e allergie[2]. Nella mia esperienza ho visto che i bambini allergici, istintivamente evitano i cibi che non li fanno stare bene e preferiscono ridurre le poppate con più calma.

Le ricerche sostengono che il latte materno sia un elemento protettivo nelle malattie metaboliche come obesità e diabete e dalle malattie cardiovascolari in proporzione a quanto più a lungo il bambino è allattato.[3] Inoltre l’allattamento oltre l’anno è stato correlato con livelli di QI (quoziente d’intelligenza) maggiori[4]. Queste tra le innumerevoli valenze scientifiche hanno spinto l’OMS (l’organizzazione mondiale della sanità) l’accademia Pediatrica Americana e l’Unione Europea a raccomandare l’allattamento fino a due anni e oltre fin quando mamma e bambino lo desiderano.

Il mio dottore mi ha detto che per renderlo autonomo è meglio smettere di allattare il bambino a un anno?

Molti professionisti della salute, influenzati dalla cultura dominante che vuole i bambini precocemente autonomi e le madri libere di immettersi agevolmente nel sistema lavorativo ed economico, possono suggerire di svezzare a un anno proprio a causa di queste ingerenze culturali. Ritengo invece che i bambini allattati nei primi anni di vita sviluppino una maggiore stima di se e fiducia nel sapersi relazionale con le persone che li circondano perché attraverso l’allattamento il bambino riceve quella “base sicura” direbbe Bowlby (psicologo di fama mondiale per le sue ricerche sulla relazione madre-bambino) che gli dona quel contenimento fisico e quella vicinanza affettiva di cui i bambini hanno ancora bisogno per crescere e sentirsi sicuri.

Proprio per queste ragioni allattare oltre l’anno è una scelta di rispetto per i bisogni di ricerca di autonomia del bambino che non avverranno tutte in una volta o a un’età stabilita. Le autonomie (camminare, mangiare, giocare autonomamente o con gli altri) avverranno gradualmente, quasi fossero delle ondate di sviluppo. Infatti man mano che il bambino raggiungerà alcune tappe evolutive di crescita potrà capitare che desideri tornare un pò in dietro per ritrovare la la sua “base” ossia la sua mamma per procedere poi sicuro per mete sempre più ampie.

Non tutti i bambini sono pronti a svezzarsi a un anno, mentre le loro madri possono credere di doverlo fare a causa dei condizionamenti culturali: “Il tuo latte e solo acqua” “Ormai è grande” ecc. Se come mamme siamo in grado di ascoltarci e ascoltare i nostri figli scopriremmo che le risposte alle nostre domande ci sono già, semplicemente seguendo il nostro cuore e non ciò che agli altri sembra giusto che le madri debbano fare.

 L’educatrice mi ha detto che bisogna interrompere l’allattamento per rendere il bambino più indipendente?

Gli esseri umani non sono isole, tutti noi grandi e piccini siamo interdipendenti. Ciò vuol dire che abbiamo bisogno gli uni degli altri. Quando si è piccoli questo bisogno è più intenso, man mano nella crescita questo bisogno sarà meno intenso, ma mai scomparirà. Anche oggi noi adulti abbiamo bisogno di una spalla su cui piangere o magari di nostra madre con cui condividere un momento felice.

Il bambino che sia allattato, oppure no  raggiungerà le sue autonomie quando sarà pronto a farlo e non quando lo decidiamo noi. Forzare un bambino a svezzarsi o a camminare ad esempio non è detto che lo aiuti davvero a crescere. Un bambino che non è pronto a camminare e che è spinto dall’adulto a farlo, potrebbe cadere malamente e spaventarsi tanto da rinunciare per un po’ a raggiungere quell’autonomia. Allo stesso modo un bambino forzato a non poppare potrebbe provare un grande senso di frustrazione ed essere irritabile oppure potrebbe diventare più insicuro e aver più bisogno di vicinanza e rassicurazioni.

In sostanza una qualunque autonomia che riceve uno stimolo dall’esterno piuttosto che dall’interno dell’individuo può ostacolare il suo sviluppo emotivo e relazionale e aumentare la sua dipendenza piuttosto che renderlo autonomo.

Purtroppo la formazione delle educatrici è molto variegata è può capitare che ci sia del personale non formato sul tema dell’allattamento.  Possiamo ascoltare tutte le persone che obiettano il nostro modo di essere madri, ma la cosa più importante è rispettare i nostri tempi e i tempi del nostro bambino perché questo vuol dire donare grande attenzione alla relazione che abbiamo costruito con lui. La nostra relazione con il bambino non toglierà nulla alla relazione che l’educatrice avrà invece l’opportunità di costruirsi con nostro figlio in modi totalmente diversi.

 Se non poppa, mangerà di più e crescerà di più?

Può capitare di sentirsi dire che il bambino non cresce a sufficienza perché è ancora allattato, in questo caso potrebbe esserci il falso concetto che se non poppasse mangerebbe di più. In realtà non c’è nessuno studio che affermi questo. Al contrario molte ricerche dicono che smettere di allattare un bambino con problemi di basso peso non lo aiuta a crescere[5], sarebbe meglio continuare l’allattamento migliorando la dieta della madre e continuando a offrirgli il cibo solido differente per varietà e consistenza. E’ possibile anche fare indagini più approfondite come ad esempio controllare i suoi livelli di ferro, che se fossero troppo bassi possono portare inappetenza.

Il bambino che “non mangia” spesso è invece un bambino come tanti altri che non si alimenta quanto ci aspettiamo noi, ma segue i suoi ritmi naturali di un bambino che assume piccole quantità di cibo, che possono essere offerte più spesso durante la giornata, invece che aspettarsi grandi pranzi o cene. Nei casi in cui invece la mamma sente la preoccupazione di un bambino che cresce poco, è sempre bene rivolgersi a un pediatra esperto che possa comprendere meglio la sua situazione di salute, tenendo conto che l’allattamento è una fonte di nutrimento e di protezione per il bambino molto importante.

Se non gli do limiti, popperà per sempre come un neonato?

L’allattamento è un modo di essere madre e un modo di stare in relazione donatoci dalla natura per amare e accudire i nostri figli. Le relazioni non sono qualcosa di statico ma sono soggette a una crescita e a uno sviluppo che segue i propri ritmi. Un neonato è differente da un bambino grandicello e anche il suo modo di poppare sarà differente. Quando un bambino è molto piccolo, il seno materno è quel luogo caldo e accogliente in cui ritrova la sicurezza dell’utero, in cui si trovava qualche mese prima della nascita.  Il neonato non ha ancora sviluppato un sistema cognitivo in grado di distinguere la differenza tra amore e nutrimento, per lui sono un tutt’uno. Gradualmente con la crescita il bambino invece è in grado di aspettare, rimandare una poppata. Intorno ai diciotto mesi il suo sviluppo cognitivo è maggiormente sviluppato ed è per questo capace di comprendere meglio il linguaggio verbale. Ecco che in questa fase è possibile dare dei limiti. Infatti, come chiedi a tuo figlio che vuoi che ti dia la mano quando attraversa la strada, così puoi voler dare dei limiti ai momenti della poppata.

Alcune madri di bambini intorno ai 14/15 mesi possono essere spaventate nel non riuscire a dare dei limiti al momento della poppata. In realtà se osserviamo un bambino di quindici mesi, notiamo che qualunque limite, egli ancora non è grado di comprenderlo. Ad esempio gli si può dire di non toccare il cestino della spazzatura, lui può ripetere a voce alta no e con il ditino dice no e poi tocca la spazzatura con un bel sorriso.Il fatto è: che ha detto di no e a fatto il gesto del no e poi ha toccato la spazzatura. Le interpretazioni di questo comportamento per quanto possano preoccupare spesso sono del tutto fuorvianti: “Non mi vuole ascoltare” “E’ un bambino cocciuto”. In questo caso il problema è che c’è qualcosa che non va nel bambino. Oppure “Non sono capace di farmi rispettare”. In questo caso il problema è della madre. Qualcuno potrebbe dirvi: “Ormai il tuo bambino fa quello che vuole, se va avanti così, non riuscirai a educarlo”. In questo caso il problema è delle cattive abitudini e di un futuro nefasto. Queste interpretazioni al comportamento del bambino sono prive di un dato importante: quando diciamo: “ No! Non si fa” ad un bambino intorno ai 15 mesi semplicemente non ne comprende il significato verbale. Anche se può intuire il tono della nostra voce. Allo stesso modo quando diciamo: “No! Non puoi poppare” ad un bambino di 15 mesi che non è pronto a svezzarsi dal seno può rimanere molto turbato e sentire un rifiuto nella vostra voce e reagire piangendo disperatamente.

Solo intorno ai diciotto mesi quando il suo sviluppo cognitivo e verbale è più sviluppato[6] , il nostro stesso bambino, può riuscire a capire un po’ meglio il nostro “No” possibilmente mediato dal concetto del “non adesso”. Se la mamma lo desidera può spiegare al suo bambino che può poppare solo più tardi dicendo ad esempio se siamo fuori: “Lo facciamo quando torniamo a casa” ciò può aiutare il bambino a comprendere che la mamma non lo sta rifiutando, ma rimandando ad un momento ben preciso. Rimandare una poppata, lasciare la possibilità al bambino di poter mangiare e bere con facilità e frequenza, rendere interessante il suo ambiente, chiedere di aspettare le luci del mattino per poppare e innumerevoli altri modi scoperti dalle madri, sono tutte possibilità di svezzare gradualmente e con amore i loro bambini e che non ledono l’autostima di nessuno, dove “autostima non vuol dire avere una buona opinione di sé in astratto, bensì la capacità di far fronte alle sfide della vita”[7].

Tutto questo non toglie che come madri possiamo anche scegliere di non voler dare un limite alle poppate, di voler godere questa relazione di allattamento lasciando che anche questa fase si esaurisca con la crescita perché ogni bambino naturalmente è spinto a crescere e a lasciare il seno materno per raggiungere nuove fasi evolutive.

Sono convinta che i nostri figli ci amino e che se troviamo il modo di comunicare con empatia con noi stesse per chiarire davvero cosa proviamo in questa situazione e rimaniamo connesse al sentire dei  nostri figli, allora supereremo il concetto di educazione come qualcosa da fare sul  bambino, ma potremo concludere l’allattamento insieme al bambino nel rispetto dei bisogni di entrambi.

Giuditta Mastrototaro

 

Bibliografia:

Giuditta Mastrototaro. Nascere e crescere alla luce dell’educazione empatica. StreetLib, Milano 2015.

Norma Jane Bumgarner. Allatti ancora? Allattare e accudire un bambino ai primi passi. La Leche League International. Brescia 2007.

Rosario Montirosso. Il bambino e le emozioni. Editore Ghedini Libraio. Milano 2001.

Sue Gerhardt. Perché si devono amare i bambini. Raffaello Cortina Editore. Milano 2006.

Per gli studi scientifici e riferimenti vedi note.

[1] Goldman AS, Goldblum RM, Garza C. Immunologic components in human milk during the second year of lactation. Acta Paediatr Scand. 1983 May;72(3):461-2.

 

[2] Savilahti E, et al. Prolonged exclusive breast feeding and heredity as determinants in infantile atopy. Arch Dis Child. 1987 Mar;62(3):269-73.

[3] Kramer MS et al. Effects of prolonged and exclusive breastfeeding on child height, weight, adiposity, and blood pressure at age 6.5 y: evidence from a large randomized trial. Am J Clin Nutr 2007;86(6):1717-1721

[4] Mortensen EL, Michaelsen KF, Sanders SA, Reinisch JM. The Association Between Duration of Breastfeeding and Adult Intelligence. JAMA. 2002;287:2365-2371.

[5] Ahn, C.H., e MacLean, W.C.: Growth of the exclusively breastfed infant. Am J Clin Nutr 1980; 33:183-92

[6] Rosario Montirosso. Il bambino e le emozioni. Editore Ghedini Libraio. Milano 2001 Tappe di sviluppo emotivo pp 24-25-26.

[7] Sue Gerhardt Perché si devono amare i bambini. Raffaello Cortina Editore. Milano 2006. Le fondamenta instabili e le loro conseguenze pp.93-95