I genitori devono fare al posto dei figli?

Ascolto alcune mamme che mi raccontano che fanno molte cose al posto dei figli, soprattutto se vedono che non sono in grado di farlo bene da soli.

“Mio figlio di undici anni non fa il suo letto da solo e ogni volta che ci prova, mi tocca rifarlo” “Mio figlio di dodici anni ha un po’ di problemi a scuola, così ogni pomeriggio facciamo i compiti insieme e a volte mi ritrovo a farli al suo posto” “I miei figli di sette e dieci anni devono fare quello che gli dico io, altrimenti fanno solo quello che vogliono loro!”.

Far prevalere le nostre idee, le nostre ragioni su come le cose vanno fatte, non è un buon modo per restare in ascolto dei nostri figli e delle loro potenzialità. E come se credessimo che ci sia solo un modo di fare le cose: il nostro. E’ la nostra intolleranza, sono i nostri giudizi che ci spingono a obbligare gli altri a fare a modo nostro. Sono tutte forme di controllo.

Se prendiamo decisioni al posto di nostro figlio o figlia non scopriremo mai quanto lontano possono andare i nostri bambini o i nostri ragazzi. Dandogli invece l’opportunità di sperimentare le proprie scelte gli diamo la possibilità anche qualche volta di sbagliare a modo loro e raccogliere le conseguenze naturali delle loro azioni. Ciò significa che sono tollerante per un letto fatto diversamente da come mi aspetto e se quando entrerà nel suo letto e le coperte scivoleranno da tutte le parti, scoprirà da solo che non è molto comodo. Se non fa i suoi compiti non capirà quali sono le sue difficoltà e solo comprendendo i suoi errori che riuscirà a capire su quali aspetti occorrerà lavorare.

Ogni volta che facciamo qualcosa al posto di qualcun altro, gli impediamo di farlo da solo e di essere soddisfatto per il proprio lavoro. Ogni volta che ci sostituiamo ai nostri figli per prendere decisioni al posto loro gli comunichiamo che non sono in grado di prenderle da soli, che non sono capaci, che non possono farcela senza il nostro aiuto. E’ davvero questo, quello che vogliamo per loro?

Affrontare invece le conseguenze delle proprie azioni significa crescere persone responsabili. L’atteggiamento di voler dirigere i nostri figli verso ciò che secondo noi debbano fare, ci ruba molte energie vitali. Come vi sentireste se qualcun altro decidesse al posto vostro?

Siamo stati educati con i “dovrei” e i “dovresti” e molte volte li usiamo anche con i nostri figli. Se invece riuscissimo a riconoscere in noi stesse che abbiamo diverse possibilità di scelta riguardo a come svolgere un compito, sarà più facile essere empatici con i nostri figli, per dargli la possibilità di fare con i loro tempi o in un modo che non avevamo pensato o anche nel modo sbagliato che una volta riconosciuto servirà come insegnamento per la prossima volta. A volte è più efficace riflettere a posteriori insieme con loro sugli effetti che i loro comportamenti producono, piuttosto che dargli una soluzione su un piatto d’argento e dirgli esattamente cosa devono fare.

Può capitare che spinti dal desiderio di aiutare i nostri figli, gli diciamo cosa devono fare, senza prenderci sufficiente tempo di ascoltarli per capire se riescono ad arrivarci da soli. Quando ciò accade in qualche modo diamo più valore a noi stessi e al nostro modo di vedere le cose invece che far crescere le competenze dei nostri figli e corriamo il rischio di ledere un pezzettino di relazione, fatta di una comunicazione nei due sensi e non in un senso solo, di fiducia nel valore reciproco e nel rispetto dei sentimenti dell’altro. Crescere vuol dire imparare gradualmente a fare delle scelte dettate dal proprio sentire e non da quelle di qualcun’altro. Educare i nostri figli vuol dire lasciare che entrino in connessione con se se stessi e le proprie ragioni perché diventino delle persone responsabili e non dipendenti da qualcuno o da qualcosa.

I cambiamenti che vogliamo per i nostri figli dipendono quasi sempre dai cambiamenti che riusciamo a fare dentro di  noi come adulti in ascolto dei nostri figli e di noi stessi, capaci di donare fiducia e comprensione per bisogni di ognuno.

 

Giuditta Mastrototaro