Come gestire la rabbia dei nostri figli?

Negli incontri sull’educazione empatica che ho svolto in questi anni, emerge ricorrente il tema della rabbia.

La rabbia dei grandi quando i bambini o i ragazzi non fanno quello che dicono i genitori. La rabbia dei preadolescenti e degli adolescenti che si manifesta nell’autolesionismo, nel sarcasmo, nell’agito o nella chiusura. La rabbia dei bambini di fronte ad un no o a un non si può! Dei genitori. La rabbia dei più piccoli quando intorno alla fase dei 2/3 anni sperimentano la fase oppositiva, nella quale il bambino amorevole e dolce che la mamma e papà conoscevano, si trasforma improvvisamente in un bambino che si butta per terra, piange, urla, sbatte i pugni in una vera e propria crisi di rabbia.

Che cos’è la rabbia?

Quando proviamo rabbia, siamo abituati ad attribuire ad altri la responsabilità di ciò che proviamo. In realtà la rabbia è solitamente il frutto del dolore. Quando grandi o piccini ci sentiamo addolorati, non stiamo più ascoltando le cose che la persona ci ha detto o ci ha fatto ma stiamo interpretando le sue parole in base al nostro dolore, siamo perduti nelle parole che l’altro non ha detto, ma avremmo voluto sentire e nelle cose che l’altro non ha fatto e che avrebbe dovuto fare. Non siamo più nella realtà ma tutto è guardato attraverso la lente del dolore interiore che proviamo. Ogni rabbia ha una valenza interna molto potente. Ogni momento di rabbia ha bisogno di essere vista, accolta e accudita. Il dolore che proviamo ci dice sempre qualcosa soprattutto su noi stessi e sui nostri bisogni frustrati, sulle nostre paure e sul nostro senso d’inadeguatezza.

Come si sviluppa la rabbia?

La rabbia come tutte le emozioni forti è come un ondata che arriva dentro di noi con un crescendo di pensieri contro qualcosa o qualcuno, emozioni che ci sommergono e ci provocando percezioni fisiche come calore alle mani, alla testa, alle gambe, mal di stomaco, mal di testa, sentire qualcosa che stringe alla gola ecc. Quando si è in preda alla rabbia, vengono fuori i nostri istinti più ancestrali, quelli governati dal sistema limbico del nostro cervello più antico che fondamentalmente agisce in due modi: attaccando o fuggendo.  Se resistiamo a rispondere immediatamente a questi impulsi noteremo che proprio come un’onda, con il passare del tempo, se impariamo a riconoscerla, gradualmente passa e possiamo riuscire a vedere la stessa situazione in un altro modo che può farci sentire meglio.

 Perché mio figlio si arrabbia? Perché picchia, morde e diventa irascibile?

Quando nostro figlio piccolo urla, picchia se stesso o gli altri è possibile che non riesca ancora a esprimersi verbalmente e quindi la sua reazione è per lo più fisica, basata sull’agito. Man mano che crescerà, le sue reazioni potrebbero essere più raffinate come ad esempio il fuggire dalle sue responsabilità: non rispondere, nascondere, evitare oppure più espresse come usare il sarcasmo o la parolaccia per colpire l’interlocutore.

Queste forme di rabbia ci dicono che sente i suoi bisogni frustrati e contrariamente da quello che dice o agisce, in realtà sente il bisogno di essere visto, riconosciuto e amato. D’altra parte per un genitore è piuttosto difficile non reagire a sua volta ed è per questo che  in questi momenti non è facile riuscire a dare la comprensione e  l’amore che cercano. Quindi molto spesso si entra in un circolo vizioso fatto di urla e di reazioni risentite o al contrario di comportamenti indifferenti e passivi.

Che cosa può aiutare a spezzare tutto ciò?

Accogliamo la nostra sofferenza dobbiamo come prima cosa vederla e scoprire come stiamo vivendo la situazione concreta nella quale siamo immersi. Il dolore può nascere dal divario tra le aspettative di ciò che vorremmo e invece ciò che ci accade. In questo caso occorrerà alimentare la nostra capacità di accettazione ossia trovare un quadro di senso che incornici il significato di ciò che ci accade, ogni cosa è così com’è e solo accettando la realtà e partendo da essa che possiamo poi cercare di lavorare per un cambiamento. Continuare invece a opporsi a quel che c’è, crea resistenza e rabbia e implica azioni negative contro qualche cosa o qualcuno che sentiamo minaccioso, piuttosto che azioni positive per raggiungere ciò che davvero desideriamo. Aprire il nostro cuore vuol dire non chiudersi all’altro, non arrendersi nel vedere le cose solo da una stessa prospettiva. Riconoscere il nostro dispiacere per la situazione che stiamo vivendo, vuol dire piantare il germoglio dell’apertura del cuore e della mente, della condivisione, del prendersi cura di noi stessi.

Eliminiamo le barriere che ci impediscono di vedere con il cuore, prendiamo consapevolezza di tutte le cose che ci diciamo, di tutti i nostri giudizi, dei nostri limiti ma anche delle nostre risorse. Ogni esperienza che stiamo vivendo può essere un’esperienza condivisa o condivisibile (se hai bisogno di un aiuto per fare chiarezza in te e nelle tue relazioni puoi contattarmi). Quando soffriamo per una data situazione, molto spesso anche altre persone sono coinvolte in questo percorso, persone che ci vedono disorientate e che portano con noi questa fatica. Il tuo mondo diventa gradualmente sempre più piccolo e negativo e cambi il modo con cui ti parli, o con cui comunichi con gli altri, facci caso.

Cambiamo il nostro modo di vedere la rabbia scoprendo invece che cosa ci stanno dicendo i nostri figli.  (in parentesi ci sono solo degli esempi tratti da situazioni reali vissute da alcune mamme e bambini)

  1. Bisogno di onestà (Desidera che le tue promesse siano mantenute?)
  2. Bisogno di attenzione (Vorrebbe che passassi più tempo con lui?)
  3. Bisogno di accettazione (Forse sta vivendo un periodo in cui a scuola è preso in giro dai compagni?)
  4. Bisogno di rispetto (Non desidera essere obbligato a mangiare?)
  5. Bisogno di stima (Vuole sperimentarsi capace in qualche cosa?)
  6. Bisogno di autonomia (Ti sta chiedendo di dargli l’opportunità di provare a gestirsi in modo autonomo?)
  7. Bisogno di connessione (Non vuole restare solo)
  8. Bisogno di considerazione (Desidera che le sue ragioni siano riconosciute come quelle di suo fratello?)
  9. Bisogno di riposo e di tranquillità (Stanchezza, ambienti troppo rumorosi o stimolanti)

Ecc..

I nostri figli hanno bisogno di genitori che non minimizzino ciò che provano e neanche che li puniscano per ciò che sentono. Hanno bisogno di adulti che sappiano dare un senso ai loro agiti.

Ogni volta che pensiamo che i nostri figli debbano fare o non debbano fare qualche cosa, senza tenere conto dei loro bisogni, stiamo imponendo una relazione basata sul potere, invece che creare un relazione basata sull’empatia e la fiducia reciproca. Non c’è solo un modo per rispondere ai propri bisogni di genitore e a quelli dei propri figli, vorrei che ogni genitore e figlio possa darsi la possibilità di guardare a più scelte per ogni problema che sta incontrando.

Giuditta Mastrototaro