Gli effetti emotivi dei disturbi specifici dell’apprendimento: cosa fare e cosa non fare

Si sente sempre più spesso parlare di disturbi specifici dell’apprendimento.

Definiamo prima cosa non sono i disturbi specifici dell’apprendimento:

  • Non è un ritardo mentale
  • Non è un disturbo affettivo
  • Non è un disturbo sensoriale (cecità o sordità)
  • Non vuole mettervi in difficoltà
  • Non lo sta facendo apposta

I disturbi specifici dell’apprendimento sono spesso correlati con i disturbi del linguaggio.

In una famiglia con un bambino con disturbi specifici dell’apprendimento c’è spesso un genitore che ha avuto simili difficoltà.

Le ricerche inoltre evidenziano delle correlazioni con i disturbi dell’attenzione e dell’iperattività.

Che cos’è il disturbo specifico dell’apprendimento?

E’ una difficoltà apprenditiva che lo studente manifesta sia a scuola sia a casa.

In sostanza, l’alunno ha bisogno di alcune attenzioni in più da parte dei docenti o dei genitori per imparare in modo efficace.

Se non si tiene conto del suo modo di apprendere e continuiamo a utilizzare modalità didattiche inefficaci con queste difficoltà, l’autostima si abbassa, gli errori aumentano e ciò influisce pesantemente a tutti i livelli: motivazionali, apprenditivi ed emotivi. In sostanza abbiamo una caduta nell’area dell’autostima e dell’autoefficacia.

La legge 170/2010 definisce i disturbi specifici dell’apprendimento come: dislessia, disortografia, disgrafia e discalculia.

L’EFFETTO EMOTIVO PIÙ FREQUENTE DELLA DISLESSIA È L’ANSIA.  Il bambino ha difficoltà nella lettura, scrittura, ad imparare le lingue e nello studio. Tutto questo è dovuto ad una difficoltà nella lettura sia nei componenti della codifica; associazione grafema/fonema che in quello della decodifica (comprensione del testo). La diagnosi può essere fatta in seconda elementare

L’EFFETTO EMOTIVO PIU’ FREQUENTE DELLA DISORTOGRAFIA  E’ LO SCORAGGIAMENTO. Il bambino può essere particolarmente riluttante nel dover scrivere perché non riesce a farlo correttamente seguendo le regole grammaticali/ortografiche. Ha  difficoltà nei dettati, nello scrivere i compiti sul diario e copiatura dalla lavagna. Errori:  inversioni (Es: naso-anso), scambio (Es.: filo-vilo) grafemi (Es.: gufo-gfo), separazioni (Es.: in sieme),  fusioni (Es: ilcane), sostituzioni (Es.: mostro-orco).

COSA OSSERVARE?

Sia nella dislessia che nella disortografia  occorre capire se c’è un problema in entrata (input):

  • Riconosce le lettere e le parole?
  • Riconosce i meccanismi di trasformazione fonema- grafema?

Un deficit nell’elaborazione:

  • Comprende quanto letto?
  • Riesce a fare inferenze?
  • E’ un argomento per il bambino noto?

Una difficoltà in uscita (output)

  • Ricorda come sono scritte le parole?
  • Ricorda le basilari regole grammaticali?

GLI EFFETTI EMOTIVI PIU’ FREQUENTI DELLA DISGRAFIA SONO DEMOTIVAZIONE e DISORIENTAMENTO. Spesso la sua stessa scrittura gli appare  poco comprensibile, il gesto grafico è lento e impreciso. Il bambino preferisce scrivere in stampatello e affatica la mano perché spesso assume una posizione troppo rigida o rilassata. Mostra difficoltà nella gestione degli spazi e nell’orientamento.

COSA OSSERVARE?

  • La stabilità nelle spalle. Bisogna fare molta attenzione alla postura che può risultare contratta oppure scorretta.
  • La presa e la pressione tra il pollice e indice.
  • Il movimento dell’arto (presenza di tremori).
  • L’aspetto grosso motorio (ossia tutto il corpo) come si muove nello spazio? Inciampa? Cade facilmente?
  • L’aspetto fino motorio (ossia la destrezza nelle mani) sembra impacciato nel manipolare oggetti piccoli con le dita? Gli cadono spesso le cose di mano? Riesce a muovere agevolmente il polso ad esempio quando gioca a ping pong?

 

GLI EFFETTI EMOTIVI PIU’ FREQUENTI DELLA DISCALCULIA SONO CONFUSIONE e DEMOTIVAZIONE.  Mostra difficoltà in tutto ciò che richiede ordine e sequenze logiche. Deficit nel riconoscere le quantità, i numeri e le operazioni con esse. Ci sono due differenti problematiche: quello relativo alla difficoltà di comprensione dei numeri e della quantità e quello relativo alle procedure esecutive del calcolo.

COSA OSSERVARE?

  • E’ in grado di contare all’indietro?
  • Sa ordinare i numeri dal più piccolo al più grande?
  • In una serie numerica sa riconoscere il numero mancante?
  • Mostra difficoltà nell’imparare a svolgere i calcoli dell’addizione, sottrazione, moltiplicazione e divisione.

 

COSA NON FARE

Usare il sarcasmo. Ad esempio dirgli: “Svegliati!”. Questa modalità di parlare al bambino lede la sua autostima. Il genitore o l’insegnante che usa il sarcasmo dopo cinque minuti si sarà dimenticato, l’alunno potrebbe pensarci per tutta la giornata.

Esprimere i giudizi. Ad esempio: “E’ pigro” oppure: “Non ha voglia di fare niente”. In questo modo non aiutiamo la sua motivazione perché magari invece il bambino si è impegnato molto, ma non ci è riuscito.

Sgridare. Uno studente in difficoltà con l’apprendimento è più soggetto all’ansia. Rimproverarlo non farà che aumentarla. Inoltre rischiamo di metterlo in imbarazzo proprio davanti ai suoi compagni.

Mettere in dubbio le sue percezioni. Ad esempio dicendogli: “Guarda meglio!”

Dare premi. Ad esempio: “Se me lo dici, sarai il primo ad andare a ricreazione”.

Dare punizioni. Ad esempio: “Se non me lo dici, non ti faccio fare la ricreazione”

Puntare sulla motivazione non è efficace perché si può motivare una persona che sa già fare quella cosa ma non chi non sa farla!

CHE COSA PUÒ FARE L’INSEGNANTE O IL GENITORE?

Dargli più tempo per rielaborare le informazioni

Insegnare nel modo in cui il bambino apprende. Applicando una didattica individualizzata e personalizzata. Dove nell’individualizzazione diamo la possibilità all’alunno di raggiungere gli stessi obiettivi dei compagni consentendo strumenti compensativi (es.: audiolibri,calcolatrice, uso del computer/tablet con correttore ortografico, più tempo) o misure dispensative(es.: evitare che legga ad altra voce, non obbligarlo a copiare dalla lavagna, non spingerlo a scrivere sotto dettatura  o a fare i calcoli a mente velocemente) .  Nel contempo lavorare sulla personalizzazione della didattica che vuol dire andare a lavorare sia nelle  aree più fragili  per raggiungere il massimo del potenziale, sia nei  suoi punti di forza  che valorizzati possono essere un mezzo  per raggiungere gli obiettivi apprenditivi.

Studiare il quaderno del bambino e i suoi i errori. L’errore aiuta gli insegnanti e i genitori a comprendere meglio le aree di fragilità per elaborare insieme al bambino una strategia didattica che gli sia di aiuto.

DI COSA HA BISOGNO?

Empatia. Tenendo in massimo conto i suoi sentimenti e i suoi bisogni di autoefficacia e di autostima. A questo scopo si proporranno attività adeguate alle sue capacità andando a lavorare nella zona di sviluppo prossimale (Vygotskij) ossia quell’area di apprendimento potenziale che il bambino non ha ancora sviluppato ma che è prossimo a raggiungere.

Consapevolezza delle fragilità. Favorire il riconoscimento delle difficoltà sia da parte dell’allievo che dei genitore e degli insegnanti per poterle superare.

Porsi da modello. A volte non basta invitare l’alunno a leggere, occorre fargli sentire l’intonazione di quello che sta leggendo.

Diversificare il metodo di insegnamento. La scuola è per lo più improntata a una didattica auditiva/verbale come ad esempio quando si spiega un argomento, in parte iconica come ad esempio quando si impara tramite immagini o filmati, quasi per nulla cinestesica ossia  attraverso l’uso del corpo o come ci ha insegnato Maria Montessori usando la mano definito da lei l’organo dell’intelligenza.

Partire da ciò che il bambino sa, dalle sue competenze. Ad esempio non è sufficiente comprendere tutte le parole di un testo per capirne il senso. Alla base della comprensione non c’è il vocabolario ma il background ossia quello che il bambino già sa su quell’argomento.

Offrire più strategie per recuperare l’informazione. E’ possibile costruire insieme allo studente mappe, schemi, grafici, disegni, storie che possano stimolare il recupero delle informazioni apprese.

Semplificare le attività. Ad esempio prendere appunti non è un’attività semplice perché occorre: ascoltare, comprendere e scrivere. Semplificare quindi può tradursi nel suddividere un compito complesso in parti più semplici da svolgere una per volta.

Utilizzare tutte le risorse a disposizione.  Non si apprende solo attraverso le spiegazioni! Si apprende in moltissimi modi, lavorando con un compagno (peer tutoring), in piccolo gruppo (cooperative learning) utilizzando il corpo (role playng) utilizzando le tecnologie (sfide o giochi interattivi) ecc..

Cambiare prospettiva. Guardare agli studenti  non più come un contenitore vuoto in cui immettere informazioni e a cui chiedere prestazioni. E’ invece fondamentale essere creativi, imparare a guardare il mondo con i suoi occhi e stimolare le emozioni positive nel processo d’insegnamento/apprendimento.

Per sostenere tuo figlio nell’apprendimento puoi anche scegliere di contattare la tua Pedagogista con fiducia.

Giuditta Mastrototaro

Bibliografia per approfondire

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UE- Il nuovo Life Comp Framework  for Personal. Social and Learning to Learn Key Competence (2020).

Vianello, R. (2012). Potenziali di sviluppo e di apprendimento nelle disabilità intellettive. Indicazioni per gli interventi educativi e didattici. Trento: Erickson.

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