Il rapporto con il cibo del bambino e della sua famiglia

 

“Il mio bambino non mangia”, “il mio mangia troppo”, “il mio mangia male!”. Queste spesso sono le preoccupazioni dei genitori riguardo all’alimentazione.

Ogni bambino in realtà mangia in modo differente perché ha un suo bagaglio genetico, evolutivo, culturale e ambientale che lo influenzano. Preoccuparsi eccessivamente non aiuta a vivere serenamente il momento del pasto. Se ci arrabbiamo spesso o il momento del pasto diventa uno spazio conflittuale, qualcosa non va. Gli atteggiamenti dei bambini nei confronti del cibo come “Non lo voglio!” oppure “Non voglio il pollo voglio la torta” possono avere cause diverse:

Richieste di attenzioni veicolate dal cibo. Un bambino che rifiuta il cibo potrebbe volerci dire: voglio che mi prendi in braccio, voglio che mi coccoli di più, vorrei che non ti arrabbiassi, occupati solo di me. Un bambino Iinvece che chiede in continuazione cibo, potrebbe farlo per le medesime ragioni menzionate prima oppure mangia perché si annoia o si sente solo.

Aspettative irrealistiche. Gonzales nel suo libro il bambino non mi mangia afferma: “La responsabilità dei genitori si limita ad offrire una varietà di alimenti sani. La responsabilità di scegliere tra queste varietà e decidere la quantità da consumarne di ognuno non spetta i genitori, ma al figlio”. Un bambino nei primi mesi dello svezzamento è normale che faccia anche solo pochi assaggi perché il latte sarà il maggior nutrimento del bambino almeno fino all’anno di vita. Dopo l’anno il bambino può fare un pasto ma in relazione al suo stomaco e non al nostro. Spesso i bambini piccoli preferiscono mangiare poco ma spesso, per cui è possibile offrire più pasti durante il giorno invece che grandi quantità a pranzo e a cena. Questo non vuol dire che lo stiamo educando male. Semplicemente che ci stiamo regolando in base a lui e le sue sensazioni di fame e sazietà. Inoltre quando entrerà in una comunità più allargata come l’asilo nido e la scuola materna, attraverso l’esempio e l’imitazione dei compagni imparerà ad alimentarsi maggiormente ai pasti principali e con più regolarità.

Le fasi evolutive del bambino influenzano il suo rapporto con il cibo.

A sei/sette mesi il bambino può essere attratto dal cibo più dal punto esplorativo che alimentare. Lasciamo che possa toccare il cibo, annusare gli alimenti, osservarne la forma, i colori, le consistenze, poi lo metterà in bocca, gli cadrà per terra, sarà spalmato su vestiti, tavolini e capelli. Un bambino che si sporca quando mangia è un bambino vivo e curioso, è il modo che ha per sviluppare le sue capacità senso motorie. Attraverso il cibo sta apprendendo tante informazioni riguardo gli alimenti e sta sviluppando le sue capacità di coordinazione oculo manuale. All’inizio avere due posate potrebbe aiutare. Una la terrà il bambino e l’altra voi per aiutarlo.

Intorno agli otto/nove mesi il bambino attraversa la fase della” paura dell’estraneo” ossia quel periodo d’individuazione dei volti familiari da quelli non familiari, è certamente una fase di crescita, ma che come tutte le fasi evolutive è costituita da due passi in avanti e un passo in dietro, per questa ragione potrebbe sembrare che non sia così interessato al cibo come nei primi tempi, in cui era tutto una scoperta. Ora potrebbe ricercare  più rassicurazione, vicinanza, contatto, può aver paura di perdere quel rapporto intimo che è l’allattamento. E’ possibile dunque che richieda più latte e meno pappa. E’ una fase passerà. Lasciare a disposizione del bambino del cibo da poter mangiare, invitarlo a stare a tavola con voi possono essere validi modi perchè ricominci a mangiare con i suoi tempi e nelle sue quantià.

Verso i diciotto mesi il bambino invece attraversa la fase “faccio da me” nella quale sono più urgenti i suoi bisogni di autonomia e per questa ragione potrebbe voler esprimere i suoi no, le sue preferenze e la sua voglia di fare le cose da solo. Ci sono delle idee creative su come aiutare il bambino a fare da sé, come ad esempio per apparecchiare la tavola possiamo utilizzare delle tovagliette con disegnate il posto delle posate, del piatto e del bicchiere. Questa è anche la fase in cui inizia quello che Maria Montessori definiva “il periodo dell’ordine”, nel quale il bambino è sensibilissimo a come sono disposte le cose, alla loro sequenzialità e spesso il bambino piange e si dispera se non è rispettata la ritualità dei gesti e se non ci sono gli oggetti al loro posto.

Verso i due/tre anni c’è proprio un’esplosione di questi atteggiamenti di affermazione di sé e potrebbe esserci maggiore negoziazione riguardo al cibo, occorrerà però che non diventi un tiro alla fune. I genitori o agli educatori  spetterà il compito di accogliere le spinte verso l’autonomia del bambino, cercando di lasciarlo il più possibile sperimentare le proprie competenze come: apparecchiare e sparecchiare, travasare l’acqua, prendersi una porzione di cibo.

In uno studio svolto in un istituto di Chicago nel 1939 dalla dott.ssa Clara Davis i bambini avevano la libertà di alimentarsi come e quanto volevano  in 3/4 pasti al giorno dall’inizio dello svezzamento fino a 6/7 anni. Veniva offerto loro cibo fresco e il più possibile vicino allo stato naturale ossia non manipolato (fritto, liofilizzato, omogeneizzato) e senza l’aggiunta di sale e zucchero, essi potevano scegliere il cibo che preferivano e le quantità senza interferenza da parte degli adulti. La dottoressa annotò che delle volte mangiavano tanto e altre volte quasi niente. Lo studio dimostrò che i bambini lasciati liberi di alimentarsi secondo i propri gusti erano in grado di autoregolarsi in modo sano ed equilibrato.

L’uomo come le altre specie animali è per istinto capace di autoregolarsi. La cosa difficile è che nella nostra società il cibo abbonda in quantità eccessive e molto spesso noi adulti mangiamo più del nostro fabbisogno per motivi che non sono legati alla fame fisica ma a quella emotiva e spesso siamo ossesionati dalla ricerca delle diete perfette per noi e per i bambini. Inoltre la qualità del cibo è piuttosto lontana dallo stato naturale, è spesso elaborato industrialmente,  ricco di zuccheri e sali che possono indurre dipendenza nei grandi come nei piccoli.

Nel contempo stanno crescendo le percentuali nella popolazione mondiale di bambini obesi.  Un bambino che mangia più del suo fabbisogno potrebbe avere in famiglia un esempio di un altro adulto che mangia troppo, potrebbe aver accesso ad alimenti non sani, potrebbe essergli stato offerto cibo in cambio che lui stia buono. Ecco che questi sono tutti elementi da tenere presente se la preoccupazione è che non mangi bene o mangi troppo.

L’educazione alimentare di un bambino non può prescindere dall’educazione alimentare di tutta la sua famiglia. Se siamo preoccupati di quanto e come mangiano i bambini, iniziamo a limitare che entrino in casa cibi industriali e prendiamoci cura del bambino nella sua interezza, il cibo potrebbe essere solo una parte del problema.

Vi sono delle buone pratiche che possiamo attuare:

  • Offrire cibi sani e il più vicino allo stato naturale. Se non abbiamo tempo, è meglio offrire cibi semplici come frutta fresca matura, verdure cotte a vapore, del pane o riso condita con un filo d’olio, proteine vegetali piuttosto che pasti già pronti come omogeneizzati, liofilizzati ecc.
  • Prediligere la convivialità dei pasti con genitori o educatori e altri bambini. In questo modo il pasto può diventare un momento di socialità. Inoltre nella condivisione del pasto i bambini imparano più dall’esempio che dalle parole.
  • Rispettare il bambino quando dice di no, o gira la testa dall’altra parte, questi sono segnali che dicono che non ne vuole più. Non insistiamo con ricatti, premi o con la forza. Queste modalità oltre ad essere diseducative, possono funzionare nell’immediato, ma nel lungo periodo si dimostrano controproducenti perché allontanano il bambino dalla sua capacità auto regolativa.
  • Non ostacolare la sua autonomia, interferendo il meno possibile nel suo pasto, fornendo aiuto solo se ce lo chiede.

In sostanza empatizzare con i loro sentimenti e avere fiducia nelle loro competenze è  il regalo migliore che possiamo fare ai  bambini.

Giuditta Mastrototaro