La nostra vita è il risultato di come abbiamo scelto di viverla

Ci sono cose che ci succedono e che non abbiamo scelto, ci piombano addosso senza averle previste. In queste situazioni possiamo sentirci disorientati, addolorati e arrabbiati. C’è un tempo in cui queste emozioni possono invadere tutta la nostra mente e il nostro cuore, ma c’è anche un tempo in cui possiamo decidere di non farci gestire da esse, perché vivere nella tristezza, nello sconforto, nell’impotenza fa male a noi e alle persone che ci vivono accanto. Inoltre stiamo sprecando molta energia mentale per trattenere questi sentimenti e alimentarli. Sì perché l’emozione è una risposta fisiologica di un momento, ma i sentimenti invece sono coltivati dai nostri pensieri. Faccio un esempio: se continuiamo a dirci o immaginarci nella testa che “Non doveva andare così, non è giusto!” “E’ l’altro che ha sbagliato!” o “Nessuno mi rispetta!” ecc. alimentiamo i sentimenti che ci fanno stare male.

E’ arrivato il tempo di lasciare andare tutto quello che avremmo voluto e non è successo e invece scegliere come desideriamo vivere adesso. Nelle consulenze pedagogiche mi capita spesso che i genitori mi raccontino di quanto il partner, la suocera, il bambino li abbia fatti arrabbiare. In realtà non è così, è che abbiamo dato a qualcuno il permesso di schiacciare il bottone rosso che accende in nostri pensieri giudicanti e la nostra rabbia.

Non possiamo impedire alla vita di porci di fronte a certe situazioni ma possiamo invece disattivare quel bottone, in modo che anche se schiacciato, non attivi reazioni che ci fanno stare male. E’ un po’ come chi chiede rispetto agli altri, ma non sa rispettare se stesso. Per elevare il rispetto verso noi stessi occorre che ci assumiamo la responsabilità della nostra felicità. In  modo che la nostra felicità dipenda solo da noi. Se siamo felici dentro, di una felicità che non viene da quello che ci capita, ma è il risultato della gratitudine per quello che abbiamo già, tutto cambia. Una persona felice dentro è donatore di felicità, di rispetto e di empatia. Una persona che si aspetta la felicità gli provenga dall’esterno è simile a una persona povera che mendica amore.

Possiamo scegliere di non far dipendere la nostra felicità dall’esterno, ma darci l’occasione di coltivare noi stessi. Molto spesso ci è stato detto che non era giusto pensare a noi stessi ma che dovessimo compiacere i genitori, i nonni o la maestra, così abbiamo finito per dimenticarci chi siamo. Nessuno di noi è l’emozione che prova, ma è molto di più. Nessuno di noi è la convinzione limitante di se stesso ma molto di più. Diamoci l’opportunità di lasciare andare ciò che non ci fa stare bene e riappropriamoci delle tante potenzialità pronte a crescere che abbiamo dentro.  L’acqua che le fa germogliare è la consapevolezza e la fiducia in noi.

Smettiamo di dire “mio”. Immaginiamo che qualcuno ci avesse affittato una casa e con il passare del tempo iniziassimo a considerarla nostra. Spostiamo i mobili, cambiamo tutto quello che vogliamo e pretendiamo di non chiedere il permesso a nessuno, in sostanza la usiamo come fosse nostra. Non è poi tanto lontano da quello che facciamo nelle nostre relazioni, quando pensiamo in termini di “mio marito, mia moglie, mio figlio, i miei genitori”? o con il nostro pianeta? Vero?

Nella vita nulla è nostro. Se nulla è nostro, la bella notizia è che non possiamo perdere nulla. In fondo ognuno di noi, se ne andrà senza portarsi dietro nulla. Se ogni giorno possiamo guardarci dentro ed essere felici dell’empatia che abbiamo dato a noi stessi, alle persone che ci vivono accanto e a questa nostra madre terra, questo produrrà in noi sentimenti di felicità. Mantenendo dei pensieri alti di rispetto e gratitudine, sarà più facile che anche la natura abbia più rispetto per noi che siamo suoi ospiti e mai come oggi possiamo renderci conto che il risultato della nostra vita è di come abbiamo scelto di viverla.

Giuditta Mastrototaro