Quando i bisogni dei genitori e dei figli sembrano distanti

Mio figlio sembra essere tornato indietro vuole che lo imbocchi e non vuole che lo lasci all’asilo. Io ho bisogno di tornare al lavoro. Come faccio?

Quante volte ho sentito questa frase nelle consulenze pedagogiche. Per quanto queste situazioni sembrano per noi adulti come apparentemente un tornare indietro. Gli studi di Bowlby ci parlano della figura di riferimento del bambino come una base sicura alla quale egli torna nei momenti di crisi per riempire il proprio bagaglio emotivo. E’ come se il bambino si chiedesse: “Ho paura c’è la farò? Sono in grado?” Questo è il momento in cui il bambino ha bisogno di sentire riconosciuti  i suoi sentimenti e i suoi tempi. Rimanere in ascolto di questo piccolo passo indietro, per restare un po’ in una fase precedente al suo sviluppo, è un modo in cui il bambino esprime il suo bisogno di cura per poi riprendere fiducia in se stesso.

Anche noi adulti prima di affrontare un nuovo passaggio di vita abbiamo bisogno di un tempo per sentirci vulnerabili e proprio in quei frangenti che chiediamo protezione e ci apriamo agli altri alla ricerca della sicurezza, fin quando man mano la riconosceremo dentro di noi. E’ questa ritrovata fiducia in noi stessi che ci spinge a fare quel salto, quel cambiamento e a superare quell’ostacolo.

Di fronte alle sue richieste potremmo reagire dicendogli: “Smettila di fare i capricci!” “Sei capace di farlo da solo” in questo modo ci allontaniamo dal suo sentire per ritrovarci nella nostra paura che non sia più autonomo.

Allora cosa possiamo fare di diverso?

Lawrence J. Cohen afferma che “Per superare le paure abbiamo bisogno di  trascorrere del tempo sul margine”ad esempio per il bambino che non vuole andare all’asilo occorrerà osservarlo per capire quando inizia l’ansia per andare a scuola. E’ davanti alla scuola? Possiamo darci la possibilità di arrivare prima e restare lì con lui davanti alla scuola per più tempo? I bambini che si sentono sopraffatti dalle loro emozioni possono reagire piangendo e oppure possono muoversi continuamente, sentendosi molto agitati o arrabbiati. Un bambino in questo stato non ha accesso alla logica e quindi è molto difficile raggiungerlo con lunghe spiegazioni riguardo l’importanza di andare a scuola e alle ragioni per cui la mamma ha bisogno di tornare al lavoro.

La cosa invece che possiamo fare è essere consapevoli di come ci sentiamo noi adulti in quei frangenti perché è allo stesso tempo importante come gestiamo le nostre emozioni. Ci sentiamo sopraffatti e arrabbiati oppure proviamo un grande senso di frustrazione e dispiacere? Se siamo arrabbiati, è molto probabile che obbligheremo nostro figlio a fare qualcosa che non vuole. Se invece proviamo dispiacere, è molto probabile che gli eviteremo di  fargli fare quell’esperienza. In entrambi casi non riusciamo ad ascoltare nostro figlio perché il turbinio di emozioni lo stiamo vivendo noi stessi e lui non riuscirà a trarre da noi quella sicurezza emotiva, quella base sicura e quella fiducia di cui ha bisogno per imparare a superare le sue paure.

Quindi occorre invece ritornare al concetto di restare sulla soglia del margine, dando il tempo a noi stessi e ai nostri figli di ritrovare il contatto con se stessi e il proprio sentire, provare a ripristinare un contatto empatico fatto di accoglienza dei vissuti: “Ti senti proprio spaventato all’idea di tornare a scuola” restare lì con lui aspettando che si senta pronto, provando a ripristinare un contatto di sguardi, un contatto fisico attraverso ad esempio l’allattamento, l’abbraccio o il tenergli la mano. I bambini che si trovano sulla soglia del loro sentire, possono anche piangere e questo è qualcosa di sano, quando non sono lasciati soli, ma si trovano accanto ad una persona rassicurante e calma. Di solito dopo essersi sentiti ascoltati e rassicurati i bambini sono pronti a tornare a sorridere e a giocare molto più velocemente di quanto si crede.

I nostri figli sono al mondo per imparare a crescere insieme con noi nella riscoperta delle emozioni e nell’empatizzare con esse. Lasciando aperto il nostro cuore e scopriremo che prima di chiedergli di diventare grandi, bisogna assicurarsi che siano stati sufficientemente piccoli e protetti, altrimenti si rischia di sentirsi: insicuri, non ascoltati e sopraffatti. Crescendo nella relazione troveremo in ogni fase evolutiva un rinnovato equilibrio tra il lasciare andare e il trattenere. Impareremo a riconoscere quando sentiamo che il bambino può superare una crisi da separazione e quando invece ci accorgiamo che non ha ancora stabilito una relazione sicura oltre la nostra e ha bisogno di un po’ più di tempo perché quello che gli stiamo chiedendo sia alla sua portata.

Anche quando sembra che i bisogni del genitore e quelli dei figli siano inconciliabili in realtà non sono i bisogni che sono in contrasto ma le strategie che usiamo per rispondere ai bisogni che possono rivelarsi inefficaci. C’è sempre una strada in cui è possibile accogliere i bisogni di entrambi. I nostri figli ci insegnano a essere elastici, creativi e a trovare delle soluzioni che possano venire incontro a ognuno.

Ecco una testimonianza che può essere utili per capire come avviene questo processo: “Ci sono sere che proprio non ho voglia di mettere a letto i miei figli di tre e cinque anni. Per me è importante rispondere ai loro bisogni di contatto ma anche ai miei di po’ di tregua. Ho provato varie strategie, ho cercato di spingerli ad addormentarsi da soli, ho provato a sacrificarmi io e a invitarli a dormire tutti insieme nel lettone. In realtà entrambe le soluzioni mi sentivo frustrata. Se voglio che dormano da soli, continuano ad alzarsi dal letto. Se dormo io con loro, provo una grande rabbia, perché vorrei fare altro. Così ho detto a loro che un paio di sere a settimana sono tutte per me e che loro possono contare sul papà per addormentarsi. Questa strategia ha funzionato per noi, perché così io posso avere del tempo per me e nello stesso tempo i miei figli possono sempre contare sulla vicinanza affettiva di mio marito e quando sono io ad addormentarli mi sento molto più in pace con me stessa.”

Eccone un’altra:“ Mia figlia ha due anni e una malattia che richiede cure ospedaliere una volta la settimana. Tra andare e tornare spendiamo gran parte della giornata. Quelle giornate mi rattristano terribilmente e ho bisogno di coccolarmi un po’, così ho deciso che il giorno prima o quello dopo mi regalo un appuntamento dal parrucchiere o dalla manicure oppure il giorno stesso chiedo ad una amica di prepararmi la cena e a fine giornata quando mia figlia dorme mi concedo una vasca bollente con una candela profumata. Quando io sono serena sento che anche mia figlia lo è”

Sarei felice di raccogliere altre vostre soluzioni che avete trovato nella vostra famiglia, che possano farci sentire che è possibile riconoscere i bisogni di ognuno, senza strappi ma con pazienza ed empatia.

Giuditta Mastrototaro

 

Bibliografia per approfondire:

John Bowlby. Una base sicura.Raffaello Cortina Editore. Milano 1989

Lowerence J. Cohen. Le paure segrete dei bambini. Feltrinelli Editore. Milano 2015