Sei stufa di ripetere sempre le stesse cose?

Non possiamo cambiare gli altri ma solo noi stessi. Occorre avere il coraggio di lasciar andare la propria rabbia e risentimento per concentrarci non sulle cose che non vogliamo, ma su ciò che vogliamo.

Ti lamenti continuamente di essere la sola persona che si occupa di riordinare la stanza dei tuoi figli?

Metti il broncio, urli o minacci i tuoi figli quando non fanno quello che gli chiedi?

Esprimi il malcontento proprio quando non ne puoi più?

Ti stupisci delle parole cariche di risentimento che escono dalla tua bocca?

Se a qualcuno di questi quesiti hai risposto di sì, sappi che hai attivato la modalità automatica, ti senti vittima delle situazioni e una parte di te ti sta dicendo che gli altri devono comportarsi diversamente.

Questi pensieri sono il preludio di azioni non consapevoli ma appunto di reazioni automatiche che s’innestano dentro di noi quando non ci assumiamo la responsabilità del nostro sentire ma lo attribuiamo agli altri.

Avete presente quando prima di partire per un viaggio in aereo, ci dicono cosa fare nel qual caso ci fosse una situazione di emergenza? Prima metti la tua maschera d’ossigeno e poi aiuta gli altri a mettere la propria.

Quando ci sentiamo sotto pressione, agitati, arrabbiati, dispiaciuti, possiamo sentire il forte impulso a reagire a qualcosa o a qualcuno, che in quel momento pensiamo ci stia facendo provare tali emozioni. Il nostro pilota automatico prende il controllo, ecco che innestiamo le nostre risposte dettate da delle reazioni e non da azioni consapevoli. La consapevolezza arriva quando riusciamo a vedere tutto questo da una certa distanza, quando non ne siamo dominati. Prima della consapevolezza siamo schiavi delle nostre emozioni, dopo la consapevolezza siamo liberi di scegliere come rispondere a ciò che ci accade.

Che cosa si può fare allora di diverso:

  1. Empatizzare con noi stessi. Che cosa stiamo provando in quei momenti? Siamo stanche? Arrabbiate? Infastidite? Irritate? Qual è il nostro bisogno? Possiamo dargli voce? Possiamo assumercene la responsabilità senza chiedere che siano gli altri a occuparsene?
  2. Stiamo ragioniamo in termini di chi è la colpa? Stiamo pensando a chi a ragione e chi torto? A cosa serve ergerti da giudice? In fondo l’educazione non è un istituto di pene e di colpe. Educare vuol dire tirare fuori le competenze che ogni persona ha dentro di sé e ci riusciamo meglio se il clima che si respira in famiglia non è giudicante.
  3. Diamo l’esempio. Non possiamo chiedere ai nostri figli di non risponderci con risentimento e rabbia, quando siamo noi i primi a usare questi toni e pretendiamo che facciano le cose a modo nostro.
  4. Il nostro atteggiamento interno fa la differenza. Bada a come ti parli perché è indice di come ascolti e reagisci. Se ti parli usando dentro di te un linguaggio come: “Devo fare questo o quello” oppure “Io sono una stupida a fare tutto questo per loro” è inevitabile che dalla bocca escano parole di rabbia. Invece c’è sempre un’altra strada per dar voce ai nostri bisogni.
  5. Un bambino o un ragazzo che esprime con forza i suoi no e i suoi dissensi è necessario che abbia al suo fianco un adulto che fa lo stesso con caparbietà. Non può esserci un muro se non c’è un altro muro che fa la stessa cosa.
  6. Più coltiviamo pensieri accoglienti, momenti di pace, l’amore per quello che siamo e per quello che facciamo e più i sentimenti di frustrazione e di rabbia si dissolveranno.
  7. A volte è utile respirare e lasciare andare consapevoli che l’educazione non è qualcosa d’immediato. Anche noi stessi abbiamo compreso molto dai nostri genitori, diventando genitori noi stessi. Possiamo dare l’esempio, possiamo fare delle richieste, ma non possiamo obbligare gli altri a fare quello che vogliamo noi, se non al prezzo della relazione.
  8. Possiamo invece comprendere le buone ragioni per cui l’altro fa e non fa delle cose, esercitando la nostra empatia e possiamo accettare le cose proprio così come sono in quel momento, fiduciosi che stiamo coltivando i semi dell’accettazione e del rispetto per il sentire dell’altro.

In qualunque situazione tu ti stia trovando vorrei che sapessi che non sei sola. Non è necessario risolvere tutto da soli. E’ sempre possibile sedersi insieme per parlarne e accogliere varie prospettive del problema. Vorrei che ti riconoscessi che hai dato un sacco di cose di te a tutte le persone che ti sono accanto. Hai dato anche quando non ti sembrava di avere nulla da dare e a volte hai avuto la sensazione di sentirti vuota. Se ora ti ritrovi a ripetere sempre le stesse cose, è tempo che ti prenda cura di te stessa, perché ritrovando la tua pace, potrai donarne alla tua famiglia. C’è sempre un altro modo più empatico per proseguire il proprio cammino.

Giuditta Mastrototaro