Imparare, apprendere e insegnare

Spesso si pensa che per apprendere qualcosa sia necessario insegnarlo. E’ davvero così?

Quante volte ci ritroviamo a insegnare e gli alunni sono infastiditi, scocciati e non ci ascoltano?

Questo accade perché mettiamo l’insegnamento come l’elemento più importante del processo apprenditivo.

In realtà, quando cadiamo nell’insegnamento non richiesto, non stiamo tenendo presente i bisogni degli alunni ma i nostri e siamo usciti dall’area dell’interesse e della motivazione di chi sta imparando.

John Holt, uno dei padri dell’homeschool – l’istruzione famigliare – scrive che “non solo l’insegnamento non richiesto non è fonte di apprendimento, ma […] per la maggior parte un tale insegnamento ostacola l’apprendimento”.

Infatti, ogni volta che tentiamo di insegnare qualcosa, senza che ci sia stato un interesse o una domanda in merito, comunichiamo un doppio messaggio:

  1. So io ciò che devi imparare, non fidarti del tuo interesse.
  2. Non sei capace di impararlo da solo.

Ci abbiamo creduto fin dall’infanzia che senza un insegnante non si può imparare e ora da adulti resistono false credenze che ci dicono che un bambino ha bisogno di qualcuno che spighi perché possa imparare.

In realtà, come insegnanti siamo chiamati invece a favorire l’empowerment ossia a rafforzare le competenze che ha già l’alunno perché possa proseguire con fiducia in ciò che si accinge ad imparare.

Se ci pensiamo bene nella nostra vita, abbiamo imparato moltissime cose stando in contatto con la natura e misurando i nostri limiti, osservando una persona con esperienza al lavoro o nelle relazioni con i pari.

Le neuroscienze hanno mostrato che i bambini nascono predisposti a imparare e che hanno innumerevoli potenzialità pronte a emergere se le lasciamo esprimere e rafforzarsi.

Lo sviluppo naturale del bambino lo porta ad approcciarsi alla vita seguendo il suo personale processo di sviluppo e interesse autodiretto e non eterodiretto ossia prestabilito dagli altri.

L’insegnamento non richiesto non soltanto non risponde ai bisogni del bambino o del ragazzo ma può ostacolare l’apprendimento autonomo di ricerca e di scoperta molto più efficace e motivante.

Spesso i genitori si stupiscono di quante cose i figli abbiano appreso senza aver ricevuto nessun tipo d’insegnamento e si chiedono: “Ma come fa a saperlo?”

In sostanza, quando non è richiesto, è meglio non tenere una lezione frontale, dilungarsi in spiegazioni o fare la predica.

Lasciamo invece che siano i bambini o i ragazzi a farci delle domande e a tentare di darsi delle risposte, solo così l’apprendimento può divenire partecipato e cooperativo perché lascia intatto l’entusiasmo e lo stupore per la scoperta.

Quando i discenti imparano dall’esperienza, apprendono dall’osservazione e dalla cooperazione con i propri pari, insegnare diventa allora uno degli elementi dell’apprendimento e non il più importante.

Insegnare diviene facilitare, promuovere, sostenere con fiducia le potenzialità e accompagnare con empatia l’altro nell’entusiasmante avventura chiamata: processo apprenditivo.

Giuditta Mastrototaro