L’empatia può fare la differenza nella crescita di tuo figlio

Se pensiamo all’educazione di un figlio come all’insegnargli a rispettare le regole, i valori della famiglia a essere “bravo” e “educato”  allora immaginiamo il bambino come un contenitore vuoto da riempire. Anche le istituzioni scolastiche spesso sono orientate a immettere nell’alunno nozioni, abilità, competenze e apprendimenti. E’ davvero questa l’educazione? Propugniamo tanto l’importanza dell’autonomia e poi nel contempo chiediamo ai figli di essere autonomi sì, ma che facciano le cose che decidiamo noi adulti.  Questo modello di educazione dove è l’adulto che insegna e il bambino che impara è sostenuto poi da tutta una serie di pratiche che avvallano i premi e le punizioni, le caramelle e i castighi. Nel mio lavoro di Pedagogista vedo che ancora persistono sistemi educativi fondati sul convincere il figlio a fare questo o quello. Tutto questo vestito dal “lo facciamo per il tuo bene”. In questo modello c’è chi vince e chi perde, chi comanda e chi esegue, chi impone e chi obbedisce e quando il bambino, i ragazzi o gli alunni non fanno quello che vogliamo noi, gli educatori sono assaliti da un senso di rabbia e d’impotenza.

Il potere più grande che possiamo avere non è certo sugli altri, ma su di noi è questa la grande lezione che la Pedagogia basata sull’empatia ci dona ogni giorno. Ecco allora che educare con empatia vuol dire rispettare il proprio sentire e quello dell’altro, vuol dire restituire significato a ciò che ognuno di noi grande o piccolo sente dentro di sé, è crescere i propri figli con fiducia che loro non sono scatole vuote ma anime profondamente sensibili e portatrici di un grande potere: quello di farci crescere insieme con loro.  Quando invece i comportamenti dei bambini e dei ragazzi possono sembrare ai nostri occhi incomprensibili, è quello il momento per fermarsi a osservare, ad ascoltare senza giudicare, ma lasciandoci la possibilità di non sapere e di non saltare a conclusioni affrettare, perché ogni persona ha sempre un motivo valido per esprimere i suoi no e i suoi dissensi. Il compito di ogni genitore e educatore è di ascoltarli e creare quell’ambiente accogliente e fertile perché ogni competenza possa dare frutto.

Educare con empatia vuol dire allora entrare in relazione con i nostri figli, vuol dire arricchirci dell’ascolto di un altro essere umano che è venuto a dirci qualcosa “Guarda c’è un’altra vita, vivi meglio” come diceva Maria Montessori (Il bambino in famiglia 1956 pp.38). Significa provare a metterci nei suoi panni per sentire come lui sente, per vedere come lui vede e per osservare come appare a lui il mondo.  Significa superare il concetto che educare vuol dire mettere dentro qualcosa, ma cambiare prospettiva e ascoltare cosa il bambino ha dentro di sé, per promuovere un clima che lo faciliti a tirare fuori tutto il suo potenziale.

La pedagogia basata sull’empatia ci insegna a essere un altro tipo di adulto, diverso da chi detta le regole o che spiega al bambino cosa deve fare. Un genitore e educatore empatico è invece capace di stare in relazione anche nei disaccordi, che immancabilmente ci sono in ogni relazione, perché sa superare i concetti di chi ha ragione e chi a torto e sa mettersi all’altezza del figlio per rispettare i suoi tempi, essere con lui nelle frustrazioni, senza per forza volerle risolvere al suo posto.

Sempre più spesso invece mi capita di ascoltare adulti che scoprono che l’autorità, l’educazione fondata sulla paura man mano che i figli crescono non funziona più e il genitore o l’insegnante si sente frustrato nel non avere più alcuno strumento educativo. La crisi del ruolo educativo è spesso collegata alla crisi degli adulti. Alba Marcoli  scrive : “Non è facile però uscire dagli schemi rigidi, sono quelli che sostengono le nostre fragilità: più ci si sente fragili e più si ha bisogno di puntelli solidi per stare in piedi” (La rabbia delle mamme  2011 pp.69). La mancanza di ascolto di noi stessi è la fonte delle nostre rigidità e delle nostre ansie, perché questa sordità emotiva ci porta a dire all’altro che è lui che ci fa arrabbiare, è lui che ci rende insoddisfatti.  Essere empatico non vuol dire ingoiare i propri sentimenti ma dargli luce, accoglierli, prendersene cura, solo così sarà più facile farlo anche con le persone che ci stanno accanto. Ecco la rivoluzionaria prospettiva che siamo chiamati a fare come adulti che abbracciano una pedagogia basata sull’empatia: ripartire dall’empatia per noi stessi.

Giuditta Mastrototaro

Articolo uscito sul blog Il bambino naturale

Bibliografia:

Bowlby John. Una base sicura.  Cortina Editore, Milano 1989.

Gordon Thomas. Genitori Efficaci. Educare figli responsabili. La meridiana Molfetta (Ba) 1997.

Goleman Daniel. Intelligenza emotiva. Che cos’è e perché può renderci felici. Rizzoli, Milano 1997.

Gonzales Carlos. Besame Mucho. Coleman Editore 2005.

Marcoli Alba: La rabbia delle mamme. Mondadori Milano, 2012

Mastrototaro Giuditta: Nascere e crescere alla luce dell’educazione empatica. StreetLib Milano, 2015.

Montessori Maria. Il bambino in famiglia. Garzanti Editore, Milano 2008.

Rosenberg, Marshall B. : In famiglia quale comunicazione? Edizioni Esserci, Reggio Emilia, 2009.