Cosa impedisce a tuo figlio di ascoltarti e di sentirsi ascoltato?

Impieghiamo degli anni a imparare a leggere e scrivere e ad ascoltare? L’ascolto è una qualità fondamentale per intessere relazioni efficaci ed empatiche.

A volte ascoltiamo mentre stiamo già dando voce dentro di noi alla risposta da dare e quindi chi stiamo ascoltando? Noi stessi o l’altro?

Pretendiamo che gli altri ci capiscano, ma quanto invece usiamo l’empatia per capire l’altro? Come possiamo rispondere ai nostri figli se prima non capiamo veramente cosa ci stanno chiedendo?

Ecco alcuni ostacoli che possono impedire una vera comunicazione basata sull’ascolto reciproco:

  1. L’ostacolo dell’uso di un linguaggio astratto. Se usiamo un linguaggio che il bambino non comprende, rischiamo di parlare senza che questo messaggio arrivi con chiarezza.
  • Un bambino nella prima infanzia 0/3 anni non può comprendere lunghe spiegazioni su perché non può mangiare la sua caramella caduta per terra. E’ meglio usare frasi brevi e semplici ma piene di colore, di sentimento, di mimica facciale e gestuale e se possibile offrire un alternativa.
  • Un bambino nella seconda infanzia dai 3/6 anni quando chiede: “perché?” Non intende ascoltare un trattato di filosofia sui massimi sistemi. E’ meglio ascoltare e osservare il bambino per capire cosa già sa di quello che ci sta chiedendo e come si sente riguardo a quel tema che ci sta portando.
  • Un bambino invece in età scolare seppure stia sviluppando un pensiero logico, ha ancora bisogno che gli facciamo vedere come si fa qualche cosa con azioni o esempi concreti invece che solo con le parole. Maria Montessori diceva: “Imparo se faccio”.
  • Infine un adolescente seppure abbia sviluppato un pensiero astratto e s’interroga sugli orientamenti morali, etici e di senso della vita e allo stesso tempo ancora molto centrato su di se e  non è in grado di valutare sufficientemente gli effetti del suo agire, per cui quando ci arrabbiamo con lui/lei e risponde: “Non ci ho pensato” questa molto probabilmente è la verità, perchè la parte prefrontale del cervello adibita alla valutazione non è ancora sufficientemente sviluppata e questo può portarlo ad agire d’istinto senza pensare alle possibili conseguenze. Per questa ragione è sempre utile aiutarlo a rileggere ciò che gli accade mettendo in evidenza le cause e gli effetti concreti dell’agire.
  1. L’ostacolo di un linguaggio direttivo e pratico. A volte nella fretta di tutti i giorni ci possiamo ritrovare a utilizzare un linguaggio breve e coinciso che risponde a un nostro bisogno di efficacia. Quando passiamo giornate fagocitati, il linguaggio può essere scarno come: “Svegliati!” “Sbrigati!” “Vestiti!” “Mangia!” “Usciamo!”. Pensiamo se qualcuno si rivolgesse così a noi, come ci sentiremmo? Non viene certo voglia di collaborare. Ritagliamoci invece un momento per comunicare veramente con lui/lei, facendo un tragitto a piedi per andare a scuola o una passeggiata nella quale ci diamo il tempo e lo spazio per parlare. Potremmo iniziare parlando di noi stessi, della nostra giornata o di quando eravamo piccoli. Questi spunti personali potrebbero aiutare il bambino o il ragazzo a parlare di sé.
  2. L’ostacolo di non dedicargli ascolto e tempo. Quando ascoltiamo i nostri figli mentre facciamo altro come ad esempio guardando il cellulare, non gli stiamo dedicando attenzione, non lamentiamoci poi se anche loro faranno lo stesso. Un’immagine che ho in mente è di una madre e di una figlia di circa due/tre anni che viaggiavano in treno. La madre era seduta accanto alla figlia e leggeva un libro e la figlia le cantilenava ripetutamente: “Mi annoio… uffa mi annoio… mamma mi annoio”. La madre credo che, dentro di se fosse esasperata perché questa scena è durata almeno un’ora di continue lamentazioni, ma lei non le rispondeva, ne le rivolgeva lo sguardo, continuava a tenere posati gli occhi sul suo libro, mentre la bimba sembrava sempre più insofferente.  Bene quando ormai la bambina era rassegnata a restare al suo posto senza ricevere più alcun ascolto dalla madre, è arrivato il momento di scendere dal treno. Pensate che la bimba rispondesse alle implorazioni della madre di uscire dal suo posto e scendere dal treno? La bimba ha replicato la scena, la madre la chiamava e lei non rispondeva, la madre la sgridava e lei diceva che non voleva scendere. Se non possiamo dedicare attenzione, è meglio essere onesti e chiedere al bambino se è disponibile a rimandare più tardi o a trovare una soluzione che sia sufficientemente accettabile per entrambi, c’è sempre un prezzo relazionale da pagare se lasciamo soli i nostri figli con le loro frustrazioni.
  3. L’ostacolo di voler trovare subito una soluzione. Quando nostro figlio grande o piccolo ci pone un problema che sia il desiderio di avere il gioco del fratello o un problema con il fidanzato la cosa più importante che possiamo fare non è liquidare questo prezioso momento con una soluzione come ad esempio: “Il gioco lo tieni 10 minuti tu e 10 minuti tuo fratello” oppure “Lascialo non vedi che non ti prende sul serio”. Queste soluzioni non incoraggiano il problem-solving ossia la capacità di ragionare sui problemi insieme, ma chiudono la comunicazione. Invece di dare soluzioni impariamo ad ascoltare e a restare nel problema senza fuggirlo. Ascoltiamo la sua rabbia, il suo comportamento oppositivo, le sue lamentele… Proviamo invece a dare un nome a quello che prova a fare da specchio a quello che sta vivendo. Es.: “Ti senti proprio arrabbiato con tua sorella perché ti ha preso il gioco” A volte non c’è bisogno di fare altro se non di ascoltare il suo sentire e avere fiducia che troverà le sue soluzioni.
  4. L’ostacolo di voler controllare la sua vita. I figli non sono i nostri ma sono della vita diceva Kahlil Gibran. Ci sono bambini più sensibili degli altri che cresciuti con le buone intenzioni di proteggerli, non sono lasciati liberi di esplorare il mondo, di fare le loro esperienze, di essere se stessi, si ritrovano spaventati dalle ansie dei loro genitori “non ti sporcare” “non correre che sudi e ti ammali” “mangia tutto”. Spesso si chiudono in se stessi e non riusciamo ad ascoltarli perchè sembra non ci parlino. In questi casi ci vuole più pazienza e sensibilità e un pò più serenità interiore di noi adulti. E’ difficile per questi bambini o adolescenti sentire uno spazio di ascolto per poter parlare di se, quando gli adulti sono già pieni delle proprie paure e di ansie.

Saper ascoltare e sentirsi ascoltati sono le due facce della stessa medaglia. Quando un bambino non ha bisogno di lottare o di chiudersi in se stesso per ricevere ascolto e perché ce l’ha già. Lasciamo che i nostri figli siano piccoli, facciano i loro errori e trovino le loro soluzioni. Sia gli adulti che i bambini hanno bisogno di imparare ad ascoltarsi e solo così saranno capaci poi di ascoltare gli altri. L’educazione è un processo che dura tutta la vita, non sappiamo quando ciò accadrà, l’empatia per noi stessi o per gli altri può aiutarci a vivere queste fasi con più armonia.

Giuditta Mastrototaro

Questo articolo è uscito sul bambino naturale. il leone verde Edizioni

 

2 Risposte a “Cosa impedisce a tuo figlio di ascoltarti e di sentirsi ascoltato?”

  1. Grazie, è sempre bello leggerti. Mi ritrovo nelle tue descrizioni, prima di tutto come la bambina che sono stata e poi oggi con il mio sguardo di mamma sulle mie bimbe

    1. Grazie Claudia per questo tuo feed-back. Sono felice di parlare alla bambina che sei stata e alla mamma consapevole che sei diventata e mi fa molto piacere condividere questo cammino che ognuno di noi è chiamata a percorrere verso una versione migliore di se stessa e uno sguardo amorevole verso la propria storia.

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